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I Pilastri della Professione Musicale

Per trasformare la tua passione per la musica in una professione, per godere di una rendita continuativa che ti permetta di vivere, la padronanza delle skill tecniche, delle competenze verticali, non ti sarà sufficiente. Nel suo percorso professionale l’artista musicale è spesso bloccato dall’ignorare e quindi non utilizzare i tre pilastri su cui si basa la professione, ogni professione:

    1. Il Business;
    2. Il Marketing;
    3. La Promozione.

I Pilastri della Professione Musicale

Queste tre , competenze orizzontali, costituiscono la base su cui si regge la crescita professionale e che distinguono l’approccio del professionista dal dilettante. Se non li padroneggi, la tua impresa fallirà. Non saranno le tue doti tecniche o artistiche che ti salveranno da un mercato cinico e talvolta spietato.

Business significa avere la forma mentis dell’imprenditore a tutti gli effetti. Devi misurare le tue capacità e ragionare economicamente, valutando costi e benefici. Devi ragionare costantemente per arrivare ad una rendita che ti consenta l’indipendenza economica, accettando o rifiutando i lavori che ti vengono proposti e spendendo i tuoi soldi con criterio, valutando ogni spesa come un investimento, un ritorno economico.

Investire significa assumersi dei rischi economici, ma è neccessario se vuoi che la tua professione progredisca: Devi investire anche e sopratutto nella tua formazione impreditoriale, oltre che per la musicale; devi investire oculatamente nei tuoi strumenti professionali, con un criterio di progettualità; devi investire nei tuoi collaboratori, nei tuoi partners e nelle loro competenze.

Fare Marketing significa posizionarti sul mercato e presentarti in maniera efficace nel mercato musicale, composto per lo più da liberi professionisti e imprenditori. Devi superare la logica del curriculum, nella musica non esiste il posto fisso. Verrai valutato per ciò che sei: per quello che sai fare, per come lo fai e per la tua serietà professionale. Devi imparare a comunicare chi sei, cosa fai, perché lo fai e che cosa offri a livello professionale, con la tua musica, il tuo strumento, la tua arte e le tue competenze.

Promuoverti, sia verso il pubblico che verso il settore musicale, significa perciò avere le idee chiare su cosa puoi offrire. Devi definire cosa sei in grado di offrire che altri non hanno, quali sono i tuoi punti di forza, sul valore che offri.

Essere un musicista professionista significa affrontare l’arte della musica come un lavoro qualunque: con estrema serietà. Muovendosi senza improvvisazioni o facilonerie, affrontando in profondità ogni aspetto della professione, compresi i sottovalutati aspetti legali e amministrativi, e con la consapevolezza che è necessario spendere, spendere e investire una valanga di soldi anche in percorsi formativi che ti porteranno ad avere gli strumenti per muoverti con agilità nelle dinamiche del settore musicale e discografico.

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Le persone sono semplici da comprendere: vogliono essere ascoltate, gratificate e apprezzate. Possiamo identificare il principio di qualsiasi attività di marketing in una semplice domanda: “Dimmi chi sei”. Un quesito che bisogna rivolgere prima a se stessi, per mettere a fuoco la propria identità, e poi al pubblico che si vuole ottenere. “Dimmi chi sei” è la domanda chiave che permette di entrare in contatto con la propria audience e che permetterà di sviluppare una narrazione che parli del proprio pubblico. In questo libro Riccardo Scandellari, esperto di marketing e personal branding, invita a rivolgersi verso un tipo di marketing più umano, etico e concreto. Una scelta che permette di distinguersi nettamente dalla folla di concorrenti e improvvisati che sul web fanno a gara a chi urla più forte, per parlare con il pubblico (ma soprattutto ascoltarlo) in modo più onesto, catturarne l’attenzione e conquistarlo con l’impegno, la condivisione e la relazione.
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2 ostacoli del musicista esordiente

Sono due gli ostacoli che, come artista devi affrontare nel mercato musicale attuale: la saturazione dell’offerta e la polarizzazione degli utili che, nell’attuale sistema discografico, rischiano di non finire nelle tue tasche.

2 ostacoli del musicista esordiente

In particolare se sei un artista musicale esordiente, superare la saturazione ed entrare in un mercato così dinamico, è necessario affrontare, conoscere, una serie di problematiche strutturali e strategiche.

L’ignoranza dei modelli economici del mercato musicale ti spingono verso direzioni economicamente non sostenibili che troncano il tuo percorso professionale-artistico sul nascere. Il passo fondamentale è quindi che tu comprenda attivamente come funzionano e non cadere nella trappola di modelli di business creati per farti vivere un’illusione.

Il settore musicale soffre di troppa emotività, troppa passione. Spesso gli artisti musicali non guardano il proprio progetto con occhio analitico. Vittime del proprio egocentrismo, sottovalutano l’importanza di analizzare il loro pubblico, il loro mercato di riferimento e persino il tipo della loro offerta musicale. Questa assenza di analisi è la causa principale del fallimento delle azioni di promozione e posizionamento.

La mancanza di un approccio strategico a 360°, che inizia dall’analisi del tuo pubblico potenziale e si conclude con la scelta di come vuoi veicolare i tuoi messaggi, è destinato a portare al fallimento di ogni tua iniziativa con una conseguente demotivazione, se non vera e propria depressione.

Non puoi definire tale un progetto musicale se non pianifichi ogni aspetto del lavoro. Se non elabori un’identità artistica e una strategia di posizionamento sul mercato; se non affronti in termini di budget, di spese e ricavi, ogni aspetto della tua professione.

La mancanza di questa progettualità quasi sempre consegna l’artista musicale nella trappola degli speculatori promozionali, che non sono invisibili poteri forti, ma quel Circo di servizi  per musicisti che però funzionano, se non truffaldini, solo se indirizzati correttamente e si sono raggiunti certi livelli.

Per concludere, superare la saturazione del mercato e la polarizzazione degli utili, devi sostituire l’emotività e la casualità con un approccio strategico e analitico, focalizzato sulla comprensione dei modelli di business, la gestione oculata delle risorse, la definizione chiara del target e l’applicazione di procedure logiche finalizzate al raggiungimento di un obiettivo.

Fare l’artista musicale è una professione creativa dove il lato professionale vale quanto quello creativo. Prima lo comprendi, prima otterrai i risultati che cerchi.

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Le basi per una solida identità artistica

Posso serenamente sostenere che nel dinamico e competitivo mondo della musica e della produzione, l’identità non è un lusso, ma un requisito fondamentale. Il talento grezzo deve trovare una costruzione meticolosa di un tratto distintivo e caratteristico che ti differenzi dai competitor.

Le basi per una solida identità artistica

Per un artista musicale, l’ identità è quel segno che attrae gli altri. È ciò che permette a qualcuno di preferirti ad un altro professionista. L’identità, tuttavia, non la crei schioccando le dita; è un percorso tortuoso di maturazione.

L’identità è data da un insieme di caratteristiche personali che vanno dalla tua abilità tecnica, alla tua sensibilità artistica, sino a come ti poni sul palco, come ti vesti, come ti relazioni off line e come ti rappresenti on line.

Vediamo ora alcuni passaggi cruciali che dovresti affrontare nella definizione della tua identità artistica:

Prova, Sbaglia, Impara.

Il primo passo verso la costruzione di un’identità è l’accettazione e l’impiego degli errori: l’identità è frutto di un processo, fatto di errori, talvolta dolorosi.

L’identità è quello che le persone percepiscono di te. Creare un’identità solida significa comunicare correttamente chi sei e qual’è il tuo pensiero, attraverso tutti i mezzi che hai a disposizione, non solo con la tua musica. Questo vale sia per la tua identità stilistica musicale, sia per la tua identità artistica.

Se non ti esponi, difficilmente raggiungerai un’identità definita. Esponendoti, buttandoti nell’arena, sicuramente rimedierai degli errori e forse anche delle figuracce. Ma questo fa parte del processo di maturazione, del raccogliere quelle esperienze che ti faranno raggiungere un’identità definita.

Gli errori che contano sono quelli che ti costringono a tornare a casa a riflettere profondamente. Ci sono dei momenti in cui, anche se non ti viene detto esplicitamente, capisci che hai fatto qualcosa di sbagliato; qualcosa che ha deluso le aspettative. È la riflessione su questo tipo di errori che crea il segno distintivo.

Confronto E COLLABORAZIONE

È impossibile creare un’identità senza confronto. Che sia professionale, artistico, collaborativo o produttivo, vedere il punto di vista di altri aiuta a riconoscere i tuoi pregi e difetti.

Un percorso artistico coerente nasce dallo scambio di punti di vista, dall’accogliere critiche e suggerimenti; dal conoscere esperienze diverse e realtà diverse. Lo fai lavorando con altre persone e frequentando gli ambienti più vivaci. Se il tuo punto di vista rimane negli stretti confini della tua cameretta o del tuo piccolo studio di registrazione, non andrai molto lontano.

L’egocentrismo, la gelosia, la protezione del proprio orticello, sono le malattie che contaminano il settore musicale. Invece di vedere gli altri professionisti come concorrenti, valuta se le loro capacità possono risultarti utili; valuta se dai loro progetti puoi ricavarci qualcosa di buono. Condividi esperienze e confrontati con gli altri. Sforzarti di vedere le cose dal punto di vista dell’altro. Costruisci valore e renditi utile.

Esperienza

Non basta guardare, studiare o leggere. La conoscenza senza l’applicazione pratica non ti farà evolvere. L’esperienza è come esercitarsi su uno strumento; più lo fai, più applichi ciò che hai imparato, più ti perfezioni, maggiori saranno i risultati. Devi avere degli obiettivi di crescita in mente, raggiungere risultati, e per fare questo serve esperienza, serve mettere in pratica quello che si fa.

Consapevolezza

L’identità richiede consapevolezza. Devi essere consapevole di come ti percepisci e di quali obiettivi concreti vuoi raggiungere.

Una delle prime cose che devi affrontare è la percezione delle tue competenze. Non sempre la percezione che si ha del proprio livello professionale corrisponde alla realtà: ci può essere una sovrastima che ti metterà in situazioni imbarazzanti o anche una sottostima che ti bloccherà nelle decisioni.

Devi imparare a focalizzarti esclusivamente su ciò che vuoi raggiungere, costruire e imparare. Dovrai farlo consapevolmente, senza farti influenzare dall’esterno.

Produrre a nastro

La scarsità produttiva e qualitativa è un problema enorme. Un provino vale più di un curriculum. Registra provini come non ci fosse un domani. Creati un ricco portfolio di brani da poter presentare per dire Questo è quello che So Fare!

Rilasciare e Cestinare

Non tenere le tue opere nel cassetto in attesa del momento giusto: è l’errore più grande che puoi fare.

Non rilasciare è un tappo alla tua identità artistica, professionale e creativa. Rilasciare significa far scorrere un flusso creativo e identitario. Ma il rilascio deve essere un aut aut, o rilasci o cestini. Se non sei convinto, devi cestinare quel materiale. Non progredisci se non ti sbarazzi di ciò che è incompleto o non veicolato.

Resta comunque valido che ogni release deve essere curata e preparata come si deve ed essere professionalmente elevata.
Non c’è spazio per i dilettantismi.

Risultati

Nessun carattere forte e nessuna identità si costruiscono senza i risultati. Quando si parla di professione, i risultati economici sono un parametro di successo. Quando parli di lavoro o professione musicale, devi essere in grado di mostrare le tue competenze e i risultati ottenuti. Anche sul piano economico. Nella maggior parte dei casi, i risultati non si raccolgono dalla mattina alla sera. Sono comunque il frutto di una crescita fatta di piccoli ma reali obiettivi. La mancanza di risultati, spesso dovuta alla mancanza di focalizzazione, produzione, o rilascio, ti porterà inevitabilmente alla depressione professionale.

Controllo

Avere un’identità artistica o professionale significa avere il controllo. La maggior parte degli artisti musicali non ha il controllo delle proprie attività. Raggiungere il controllo ti farà capire che spesso c’è della gran confusione anche nelle situazioni che sembrano più strutturate.

La mancanza di controllo ha conseguenze disastrose quando succede qualcosa di inaspettato. Avere controllo sui propri clienti, sulla propria utenza e sulle proprie attività è ciò che aiuta a resistere e a superare le difficoltà.

Ruolo Definito

Non puoi essere un tuttologo. Devi definire i confini del tuo ruolo. Ogni ruolo ha le sue specifiche competenze. Focalizzati sulla tua specialità, sviluppa e promuoviti con essa. Evita di vendere o di impegnarti in qualcosa che non sai gestire o che ti porta fuori dal percorso dei tuoi obiettivi primari.

Impara la Storia

L’ignoranza storica nella musica ha dell’incredibile. È cruciale conoscere la storia della tua nicchia o del tuo strumento. Devi sapere chi, prima di te, ha fatto cose importanti.

Devi sapere l’evoluzione musicale del tuo genere musicale, l’evoluzione degli stili, delle tecniche nel corso dei decenni. Più informazioni hai, più ci studi sopra, maggiori sono le possibilità che tu riesca a trovare una nuova strada che ti distingua. La storia fornisce la base per la vera maturità.

Comunicazione e Veicolazione

Avere una grande identità, avere un grande disco o avere una grande idea senza condividerla, è costruire sul nulla. La condivisione è fondamentale.

Devi imparare a veicolare la tua identità artistica e professionale. È la capacità di comunicazione che ti permette di costruire una visione e un modello di lavoro, di futuro e di crescita.

Conclusione

Se hai letto tutto con la dovuta attenzione, dovresti aver capito che la professione del musicista, in qualsiasi sua declinazione, è molto di più che suonare uno strumento.

Se desideri approfondire questi aspetti della tua professione e cerchi un supporto per sviluppare al meglio le tue doti, contattami liberamente.
Sono qui per questo.

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Il Futuro del Marketing Musicale su YouTube

YouTube ha superato da tempo il ruolo di semplice piattaforma di condivisione video. Con oltre un miliardo di ore di contenuti visualizzati ogni giorno, YouTube sta definendo l’intrattenimento, superando in tempo di visualizzazione streaming piattaforme come Netflix e la TV tradizionale, sia su mobile, desktop che TV. Per gli artisti musicali, questa crescita massiccia rappresenta un’opportunità senza precedenti. Secondo alcune proiezioni, YouTube vanta tra i 2,5 e i 2,9 miliardi di utenti attivi mensili, indicando un potenziale di pubblico assolutamente enorme.

Il futuro del marketing musicale su YouTube

In un panorama digitale in rapida evoluzione è fondamentale che gli artisti applichino una nuova strategia per crescere in modo profittevole, consolidando la loro presenza su questo social in espansione.

Per approcciare correttamente a YouTube come artista musicale dovresti cambiare mentalità e vedere il canale non solo come un luogo dove pubblicare video musicali, ma come il tuo quartier generale digitale.

In quest’ottica, dovresti considerare YouTube l’asse portante in cui veicolare la tua immagine ed il tuo messaggio. A differenza di piattaforme come TikTok o Instagram, i contenuti su YouTube si accumulano nel tempo, fornendo valore continuo. Per questo motivo non dovresti limitarti a caricare solo video musicali ufficiali, ma anche podcast, shorts e contenuti long form, sfruttando l’intero ecosistema che la piattaforma continua a sviluppare. I mezzi messi a disposizione da questa, vera e propria, TV ond demand, ti offrono diversi mezzi per esprimere al 100% il tuo potenziale artistico e comunicativo, creando connessioni profonde con il tuo pubblico, se ti da fare.

Recenti studi, sottolineano che il comportamento degli utenti YouTube è cambiato radicalmente. Ci siamo spostati da un modello di social media a uno di interest media: questo significa che alcune dinamiche hanno un valore relativo nel contesto. Su YouTube, il numero di iscritti al canale o followers non ha più l’importanza di un tempo. Un nuovo canale può diventare virale e farsi scoprire partendo da zero nel giro di giorni o settimane, a condizione che comprenda e sfrutti gli interessi specifici del pubblico.

Per l’artista, questo si traduce nel focalizzarsi sulla specificità. Gli spettatori sono attratti dai creatori attraverso interessi speciali condivisi, ad esempio, un genere musicale di nicchia, la produzione di musica elettronica o l’analisi di testi complessi, e restano grazie ai modi innovativi con cui il creatore esplora ed espande tali fissazioni.

L’algoritmo di YouTube, infatti, raccomanda i contenuti basandosi sui segnali di interesse: la cronologia di visualizzazione, l’interazione e la pertinenza topica, e non primariamente su chi le persone sono iscritte. Se comprendi questo, puoi creare contenuti per una persona con un interesse specifico:  ad esempio, un fan di un sotto genere metal degli anni ’90. Se quel contenuto risuona, l’algoritmo agisce come un passaparola potenziato dagli steroidi, mostrando il video a gruppi sempre più ampi di persone con interessi simili.

In pratica dovresti smettere di inseguire gli iscritti e iniziare a inseguire temi specifici che magari siano legati al tuo genere musicale, al tuo lavoro artistico, alle realtà che frequenti, ai tuoi gusti musicali. Tenendo presente che comunque dovrai:

  • Essere chiaro sull’argomento del video o del contenuto correlato;
  • Sfruttare le parole chiave (come il nome di un genere, un mood o un trend specifico);
  • Utilizzare titoli ottimizzati per la ricerca (SEO) per garantire che i video vengano trovati da coloro che sono già interessati;

Sebbene il pulsante Iscriviti sia ancora importante per qualificarsi per la monetizzazione e costruire un pubblico fedele, oggi non è essenziale per la viralità. Gli spettatori, infatti, stanno consumando i contenuti che risuonano con loro piuttosto che iscriversi attivamente.

Il comportamento del pubblico su YouTube indica chiaramente che esiste un movimento che oscilla verso i due estremi: contenuti molto brevi e contenuti molto lunghi. Ciò suggerisce l’applicazione della Strategia del Bilanciere anche per gli artisti musicali, ovvero arricchire il tuo canale YouTube con formati diversi in modo da attirare pubblico con abitudini diverse.

Per attivare con criterio questa strategia è bene che tu conosca le differenze di portata dei diversi formati utilizzabili in aggiunta ai tradizionali music video.

  • YouTube Shorts: I Micro Contenuti sono eccellenti per la scoperta rapida e la portata (reach). I video brevi su YouTube stanno esplodendo in termini di opportunità: gli Shorts superano i 200 miliardi di visualizzazioni al giorno e le loro visualizzazioni sono quasi tre volte superiori a quelle giornaliere di TikTok. Un artista può usare gli Shorts per brevi clip musicali, esibizioni veloci, o annunci.
  • Video Long-form: Questi sono fondamentali per creare una connessione profonda e, successivamente, per la monetizzazione. Per gli artisti musicali, i contenuti lunghi possono includere documentari sulla creazione di un album, sessioni di studio, interviste o video podcast.

La strategia ideale per l’artista con risorse limitate è iniziare in modo semplice, ad esempio, un video lungo a settimana o la padronanza degli Shorts, per poi espandersi. I migliori creatori stanno combinando entrambi i formati intenzionalmente.

Molti artisti sono bloccati dal fatto di non essere in grado di produrre contenuti visivamente sensazionali. In realtà, fermo restando che la qualità video e audio sono importanti, gli spettatori sono attratti da tre elementi chiave: intimità, vulnerabilità e autenticità. I contenuti eccessivamente patinati o da studio di registrazione stanno perdendo terreno a favore di storie reali e con cui ci si può relazionare.

L’ effetto intimità è l’assicurazione dell’artista contro l’essere rimpiazzato dall’Intelligenza Artificiale (AI). Mentre le informazioni grezze possono essere trovate tramite strumenti come Chat GPT, la personalità, le storie, il punto di vista e le esperienze personali dell’artista non possono essere replicati dall’AI.

Per i musicisti, posso consigliare:

  • Integrare la storia personale: anche se un video è incentrato sulla performance o un tutorial di produzione musicale, incorporare una storia personale o condividere il proprio punto di vista crea un legame emotivo.
  • Non nascondere il processo: I process videos stanno riscuotendo un enorme successo. Invece di limitarsi a insegnare come creare un beat, l’artista dovrebbe documentare il processo di creazione in tempo reale, magari attraverso una sfida: “Ho provato a scrivere una canzone in 7 giorni” o “La mia prima sessione in studio”.
  • Vlog dietro le quinte: Non si tratta di mostrare cosa mangi a pranzo, ma di portare il pubblico dietro le quinte del processo creativo, di produzione, o di business della musica.

Gli artisti musicali che pensano in modo intelligente stanno costruendo il loro brand personale attraverso i loro valori, i loro punti di vista e le loro storie.

La convinzione che i contenuti brevi, rapidi, rumorosi, quelli di Tik Tok per capirci, siano i più penetranti e virali è smentita dall’analisi delle tendenze che dimostra come, in realtà, YouTube domina il tempo di visione sulle Smart TV da inizio 2023. Questo cambia il tipo di contenuto che le persone apprezzano e come interagiscono con esso, poiché YouTube viene ora guardato come Netflix: su schermi grandi, dal divano, spesso in compagnia o mentre si fa multitasking.

Devi pensare a contenuti più lunghi e adatti a una visione di tipo lean back, rilassata, senza necessità di interagire costantemente. Secondo alcuni questo è il momento di investire in formati di intrattenimento o infotainment: video podcast, mini-documentari o video saggi musicali. Se il contenuto aggiunge valore, non deve essere accorciato artificialmente; si dovrebbe pensare a durate di 15, 30 o 60 minuti.

Trovo spesso un rifiuto a priori, da parte degli artisti esordienti con cui collaboro, di cimentarsi nella cura del proprio canale YouTube. Lo comprendo, nessuno ti ha mai detto che per fare il musicista devi anche essere content creator. Ma il mondo non è più come te lo hanno raccontato.

Oggi su YouTube trovi professionisti di ogni categoria usano le potenzialità della piattaforma per promuovere la loro specialità e dimostrare le loro competenze, alcuni con particolare successo. Lo fanno anche esponendosi in prima persona con visioni ed opinioni, in questo, diventano un vero e proprio punto di riferimento per il pubblico che li apprezza.

Come artista musicale esordiente, che non può vantare un ampia esposizione nei network radio-televisivi nazionali è sciocco, te lo dico senza peli sulla lingua, rinunciare ad un pubblico avido di cose nuove che quotidianamente frequenta l’infinita offerta video di YouTube.

Non dico che sia facile ottenere grandi risultati, ma con metodo e strategia, puoi vedere già dopo i primi mesi un profondo cambiamento nel posizionamento del tuo essere artista musicale nella mente del pubblico.

Ora che hai letto queste righe, non mi sorprende che tu abbia ancora molte perplessità sull’argomento. Ma se vuoi valutare seriamente di cimentarti nell’impresa di aprire o migliorare il tuo canale YouTube ti invito a contattarmi.

Potremo lavorare insieme nello sviluppo corretto della tua esposizione su YouTube, creando un canale che ti rappresenti, che attiri il pubblico giusto e che diventi uno spazio divertente nel quale tu possa esprimerti. Parliamone.

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Nuove Economie della Musica

di Andrea Portioli
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Un libro che mette in chiaro i nuovi ruoli e le nuove economie tra loro interconnessi nel fantastico e per alcuni indecifrabile mondo della musica. Dalla bolla dello streaming alle tendenze social, dai sistemi di prevendita all’evoluzione dei club per la musica dal vivo. Non esiste un libro simile che raccolga, con uno sguardo corale ma una sintesi concettuale forte, linee guida generali e le loro declinazioni possibili per vivere di musica dal vivo e di discografia oggi. Le economie dello spettacolo sono, per la maggior parte delle persone, un magma oscuro di percentuali, royalties, somme e sottrazioni di qualcosa, per cui alla fine non è mai chiaro come facciano a tornare i conti. Si può vivere di musica? Se si lavora bene, sì.

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Esci dalle trappole del mercato musicale

Voglio concentrare la tua attenzione verso la speculazione fatta ai danni degli artisti da parte del mercato musicale italiano e magari darti qualche spunto per uscire da questa sistema che, per lo più, produce musicisti frustrati.

Esci dalle trappole del mercato musicale
Esci dalle trappole del mercato musicale

È un tema che tocca ogni artista musicale impegnato a promuovere un suo progetto musicale o discografico ritrovandosi, di fatto, vittima di una speculazione che non lo porterà ai risultati sperati, ovvero al posizionamento sul mercato.

Perché accade questo?

Ogni artista musicale, dedica tempo e denaro per acquisire tutte le competenze verticali per diventare un eccellente professionista nella sua specialità. È una spesa importante, fatta di anni di lavoro e di soldi spesi in corsi ed esperienza sul campo. Una fase di studio verticale dove però le competenze orizzontali vengono completamente ignorate.

Cosa succede?

Ti posso portare l’esempio di un cantautore che:

    1. dopo aver speso una fortuna per perfezionarsi nella scrittura musicale;
    2. dopo aver speso una fortuna nella scrittura creativa
    3. dopo aver speso una fortuna nello studio e nella corretta dizione dell’inglese;
    4. nonché aver lavorato molto nel perfezionarsi sullo strumento con corsi e pratica;

si sente pronto a trasformare le sue creazioni in un progetto discografico.

A questo punto, dopo tutto questo lavoro, il nostro cantautore scopre che la risposta del pubblico è scarsa: ottiene una manciata di ascolti, scarsa attenzione e si rende conto che la sua musica sulle app di streaming è sostanzialmente ignorata.

Di fronte a questo risultato negativo, il nostro cantautore identifica il problema nella promozione. “Non è andato bene, devo investire in promozione”. Ed è qui che l’artista musicale cade nella trappola speculativa del modello di business dell’industria discografica attuale.

Sfruttando la debolezza emotiva degli artisti, dovuta alla loro scarsa preparazione manageriale-gestionale, il nostro cantautore si rivolge ai Wanna Marchi della promozione con le loro soluzioni facili che promettono milioni di streaming.

Il finale forse lo conosci.

Dopo aver speso altro denaro in costose playlist e comunicati stampa in testate per lo più sconosciute, dopo aver sponsorizzato annunci sui social e sulle app di streaming, il nostro cantautore si ritrova in mano una manciata di euro che non coprono nemmeno la spesa delle corde della sua chitarra. Ciò che è peggio, finite le campagne promozionali, i suoi ascolti ritornano ad essere qualche centinaio al mese, nella migliore delle ipotesi.

Per il nostro cantautore la conseguenza della combo fallimento della promozione+investimento economico e di tempo+ investimento nelle competenze dirette, è l’inevitabile crisi depressiva. Una depressione che, come per la ludopatia, alimenta il circuito speculativo. Più le cose non funzionano, più l’artista si convince di non capire qualcosa, e l’incapacità di comprendere il perché lo fa precipitare nella confusione e spesso lo porta a ripetere i propri errori.

Il nostro cantautore non lo sa, ma è intrappolato nella ruota per criceti dell’industria discografica. Finché non ne esce continuerà perdere tempo e denaro in produzioni destinate a restare sconosciute in tutte le app di streaming.

Come uscirne?

Qualsiasi prodotto ha un senso solo se viene inserito all’interno di un mercato. Se si entra nelle dinamiche di un mercato, nel nostro caso quello musicale, è necessario conoscerlo. E qui incontriamo il problema cruciale: le competenze necessarie per conoscere il mercato sono competenze orizzontali, non strettamente legate alla musica, ma indispensabili per poter trasformare le competenze musicali in fonte di reddito.

Uscire dalle dinamiche perverse suggerite dal mercato è ciò differenzia il musicista dilettante dal professionista.

Come artista musicale devi poi entrare nell’ottica che la musica è il mezzo per farti conoscere, per qualificarti, non il fine. Devi imparare a muoverti da imprenditore: conoscere il mercato, analizzare la concorrenza, conoscere il tuo pubblico e trovare i pattern per attrarlo verso di te.

In questa ottica promuoversi significa costruire un modello e capire quali sono i pilastri necessari per posizionarsi all’interno del mercato professionistico. La promozione a pagamento, i comunicati stampa, non sono un male, ma sono solo una parte del processo promozionale e risultano utili solo quando si sono già raggiunti certi risultati.

Se vuoi evitare, o uscire, dalla ruota per criceti che l’industria musicale ti ha confezionato, posso aiutarti iniziando a costruire una tua immagine artistica solida e coerente. Ma non solo.

Imparerai modi e metodi organici per promuoverti, attirare pubblico e creare quell’impianto comunicativo che ti valorizzerà come artista e come professionista della musica.

Scrivimi, ne parliamo.

L’obiettivo è uscire dalla speculazione e passare a un modello economico e di mercato solido. Questo è il mio invito a valutare attentamente il tuo percorso, in particolare se hai già sviluppato solide competenze dirette, ma fatichi a tradurle in risultati economici concreti.

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Come entrare nell’industria musicale?

Taglio corto. Per entrare nell’industria musicale, per attrarre una major, un producer o una piccola etichetta un curriculum in formato Europass non ti salverà. Nemmeno la tua grande passione per la musica sarà la dote che farà la differenza.

Come entrare nell'industria musicale?

In questo post abbozzo qualche idea per attirare l’attenzione dei professionisti mettendo insieme due o tre cosette raccolte in anni di attività nel settore musicale. Sono pratiche che hanno funzionato quando il proponente sapeva il fatto suo e si è esposto proponendo soluzioni che lo hanno messo in mostra.

Perché il settore musicale negli ultimi anni, è cresciuto in modo esponenziale e ha un disperato bisogno di una nuova classe operaia di professionisti competenti. La richiesta di alta competenza professionale è forse la principale, ma non l’unica, di quelle barriere invisibili che fanno sembrare l’ecosistema musicale un mondo elitario. Usare approcci non tradizionali, può rivelarsi una buona strategia per entrare nel giro. Vediamone alcuni:

Risolvi un Problema:

Invece di mandare mail scrivendo vorrei lavorare per voi, analizza un progetto di un’etichetta che secondo te non ha funzionato. Studialo, capisci cosa è andato storto e proponi una soluzione dettagliata. Spiega cosa avresti fatto di diverso. In questo modo, non stai più chiedendo un lavoro, stai dimostrando il tuo valore. Stai trasformando la tua candidatura in un colloquio.

Crea Valore Aggiunto:

Ci sono piccole etichette discografiche editrici esclusive di brani che restano di nicchia. Se ritieni di poterli valorizzare con la tua abilità allo strumento o al canto, proponi loro delle cover dei loro brani di proprietà, puoi anche proporre dei remix, per esempio. Prepara delle demo e dimostra le tue capacità. Fai vedere quale valore aggiunto puoi portare. Molto probabilmente potrebbero investire sul tuo lavoro.

Usa Approcci Non Convenzionali:

Mi hanno raccontato la storia di un graphic designer romano chenha ottenuto un lavoro con artisti di primo piano portando un book con le sue cover alternative direttamente agli instore, invece di limitarsi a taggarli su Instagram. Pensa fuori dagli schemi. I modi tradizionali (come LinkedIn) sono utili, ma spesso sono quelli alternativi a fare davvero la differenza. Prova a frequentare eventi pubblici frequentati da professionisti del settore e porta delle chiavette USB con le tue demo e tutti i modi per contattarti.

Sviluppa Competenze Trasversali:

Oggi non basta essere bravi artisti musicali. È importante saper interpretare i dati, raccontare una storia (storytelling), avere basi di marketing e saper costruire esperienze per l’utente, che siano digitali o fisiche. Queste non sono più soft skill, sono competenze fondamentali.

In poche parole: il tuo curriculum deve essere la dimostrazione pratica delle tue capacità, non un semplice elenco. Che sia un’analisi di mercato, un progetto grafico, una pagina Instagram curata o un evento organizzato nel tuo paese, deve parlare per te.

Cura un’immagine coerente

Ma prima di esporti direttamente verso altri professionisti del settore dovresti preoccuparti di avere una solida e coerente presenza sul web. I tuoi profili social, il tuo sito, devono rappresentarti al meglio ed avere un messaggio chiaro ed omogeneo che non crei dubbi in chi, magari, è pronto ad entrare in contatto con te. A questo scopo ho creato il corso Il nécessaire del musicista: un percorso che ti guida nel creare un’immagine solida e riconoscibile usando gli strumenti online e offline

Il Lato Oscuro del Lavorare con la Musica

Prima di buttarti anima e corpo nella musica, devi comunque tener presente che, come ogni professione, lavorare nel settore musicale può portare a grosse delusioni. Quando la tua passione si scontra con la realtà lavorativa, scopri che le persone che ammiravi non sono sempre pulite e belle come le immaginavi. Incontri i no, le porte in faccia, le dinamiche di business che a volte cozzano con l’idealismo dell’appassionato.

Questo è un punto fondamentale. Lavorare nella musica significa gestire budget, rispettare scadenze, affrontare problemi, negoziare contratti e, sì, a volte lavorare su progetti in cui non credi al 100%. È un lavoro vero, con tutta la fatica e le frustrazioni che ne derivano. Esserne consapevoli è il primo passo per non rimanere delusi e per costruire una carriera solida e duratura.

Questo settore non premia chi aspetta, ma chi crea, chi propone, chi osa. La gavetta, oggi, è dimostrare sul campo, in autonomia, di avere idee e la capacità di realizzarle.

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Dov’è il pubblico della tua musica?

Immagina di buttare nel cestino metà del budget della tua prossima campagna perché hai deciso di parlare a tutti. È quello che succede ogni giorno a centinaia di musicisti, etichette e professionisti dell’industria musicale che non hanno capito una cosa semplice: non esiste il pubblico, esistono i pubblici.

Dov'è il pubblico della tua musica?

Continuare a lanciare messaggi indistinti sperando che qualcuno raccolga significa sprecare tempo, energia e soldi. E in un settore in cui la visibilità è più competitiva dell’aria che respiri, questo è un lusso che non puoi permetterti.

Per questo vorrei chiarirti la  distinzione fondamentale tra mercato target e pubblico target. Il mercato è l’insieme totale dei potenziali clienti, il pubblico sono i sottoinsiemi concreti a cui ti rivolgi in una determinata fase o campagna. È la differenza tra dire la mia musica è per tutti quelli che amano il rock e capire che il tuo vero pubblico potrebbe essere, ad esempio, i ragazzi 18-25 che ascoltano Arctic Monkeys su Spotify, frequentano piccoli club indipendenti e scoprono musica tramite playlist collaborative.

Perché questa distinzione è importante?

Se pensi che suonare bene basti per emergere, stai ignorando la matematica del marketing musicale. I dati ci dicono che ogni anno vengono bruciati miliardi in campagne che non colpiscono il target giusto. Tradotto: post sponsorizzati che nessuno salva, playlist pitching che finiscono nel vuoto, video musicali guardati solo da amici e parenti. Il problema non è la qualità della musica, ma la mancanza di precisione nell’indirizzarla.

Un pubblico target ben definito non ti aiuta solo a vendere più biglietti o merch, ma costruisce affinità, appartenenza, fedeltà. Molti studi parlano chiaro: l’80% dei consumatori preferisce contenuti personalizzati. Nel mondo musicale, questo significa che un fan vuole sentirsi parte di una storia, non un numero in una campagna generica.

Come trovare il tuo pubblico

Ti dico subito che è un lavoraccio, ma quando ti promuovi sui social o decidi di investire del denaro in promozione e comunicati stampa, è bene che tu diriga la tua comunicazione in precise direzioni:

Studia chi ti ascolta già. Non partire da zero, guarda i tuoi dati Spotify for Artists, Instagram Insights, YouTube Analytics.
Escludi chi non ti interessa. Parlare a chi non diventerà mai tuo fan è come suonare jazz in un raduno di metallari.
Monitora il settore. Le tendenze di ascolto cambiano: capire come si muove la scena ti aiuta a non restare indietro.
Crea l’immagine ideale del tuo pubblico, le tue personas. Non parli a giovani tra i 20 e i 30. Parli a Martina, 24 anni, universitaria, ama indie pop e ascolta musica per studiare.

E qui arriva il punto forte: la musica vive di contesto. Non basta sapere l’età o la città, devi capire in quale momento il tuo fan ti ascolta, con quale stato d’animo, attraverso quale dispositivo. Un artista che intercetta i suoi ascoltatori in auto la mattina avrà un impatto diverso rispetto a chi si inserisce nelle loro cuffie in palestra.

Principali tipologie di pubblico
  1. Tutti. Funziona solo se sei già un colosso. Per un artista emergente, un suicidio.
  2. Clienti già acquisiti. Tradotto: fan attivi. Non trascurarli, costano meno da “nutrire” che trovare nuovi.
  3. Mercato target generico. Utile solo per campagne istituzionali (es. un festival che promuove l’intera lineup).
  4. Sottoculture. Punk, trapper, metalhead, indie kids: se la tua musica risuona con una sottocultura, hai un pubblico naturale.
  5. Sovraculture. Macro-gruppi trasversali, come gli amanti del jazz o i fan del reggaeton in tutto il mondo.
  6. Demografia. Sesso, età, reddito. Sì, a volte è noioso, ma funziona.
  7. Posizione. Il targeting locale è oro: se suoni a Bologna, sponsorizza lì, non in tutta Italia.
  8. Esigenze. I genitori che cercano musica rilassante per bambini? Un pubblico target reale.
  9. Atteggiamenti e opinioni. Fan ambientalisti, sostenitori LGBTQ+: parlare ai loro valori crea connessione emotiva.
  10. Interessi personali. Playlist running, studio, yoga: intercetta momenti precisi della vita quotidiana.
  11. Stile di vita. Chi viaggia molto in auto, chi lavora da remoto, chi passa ore in palestra: sono abitudini che modellano il consumo musicale.
  12. Fan. Targettizzare fan di artisti simili è la scorciatoia migliore per crescere.

Nella pratica, cosa significa?

Significa che se sei un cantautore folk e vuoi crescere, non ha senso sponsorizzarti a chi ascolta techno. Ma se invece individui i fan di altri cantautori a te affini, la probabilità che la tua canzone venga salvata in una playlist personale schizza alle stelle. Significa che se il tuo pubblico è concentrato in Lombardia, buttare budget su tutta Italia è denaro buttato.

E significa anche che non devi avere paura di restringere: più il tuo messaggio è specifico, più funziona. La paura di escludere è un classico dei musicisti, ma in realtà è il contrario: focalizzarti su pochi porta più risultati che tentare di piacere a tutti.

Ogni musicista indipendente conosce questa scena: investi tempo e risorse in post e promozioni, vedi qualche like, ma nessun vero fan nuovo. Il problema non è che la pubblicità non funziona, ma che non stai parlando a chi conta. Identificare il pubblico target è l’antidoto alla sensazione frustrante di gridare nel vuoto.

I veri risultati in termini di streaming, vendite di merch, presenze ai concerti li ottieni quando sai con precisione chi, dove, quando e perché ti ascolta. Senza questo, ogni euro speso in promozione è un biglietto della lotteria.

La mia esperienza sul campo

Devi sempre tener presente che il marketing non è una scienza esatta. Anche a me è capitato di non centrare bene il bersaglio per diversi motivi legati al tempo o al budget. Ma ogniqualvolta mi sono ritrovato in condizioni ottimali, i risultati sono arrivati, talvolta solo positivi, altre molto buoni. La differenza non stava nella musica, ma nella chiarezza del target che avevo disegnato.

La domanda che devi porti è: stai ancora provando a piacere a chiunque o hai deciso a chi vuoi davvero parlare? La musica non è per tutti, e va bene così. La prossima volta che pianifichi una campagna, chiediti: chi è davvero il mio pubblico target? Se non sai rispondere con precisione, stai buttando via tempo.

Raccogli i tuoi dati, costruisci una persona chiara del tuo fan ideale e usa quel profilo per testare la tua prossima campagna. Ti garantisco che i risultati ti sorprenderanno.

Se ti trovi in difficoltà, fammi sapere.

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La fatica d’essere artisti musicali

Se ti rivelassi che una fetta importante di artisti con cui entro in contatto alla fine rinunciano di risolvere i loro problemi di comunicazione, ti meraviglieresti?

La fatica d'essere artisti musicali

Sono artisti musicali esordienti che non raccolgono risultati, che non riescono a coinvolgere il pubblico, sebbene il loro lavoro sia promettente e, molti di loro, abbiano tutte le carte per emergere.

Forse è colpa mia. Magari non sono sufficientemente persuasivo, forse non strutturo bene la mia offerta. Su questi due punti non sono mai sicuro e quotidianamente cerco di migliorarmi.

Ma questo sarebbe completamente vero se poi, questi artisti musicali, si rivolgessero verso altri professionisti, cosa che non accade. Dunque qual’è il problema?

Te lo dico subito: non è un problema di prezzo.

Già solo scorrendo le pagine di questo blog potresti trovare decine di suggerimenti gratuiti in grado di cambiare la vita e la visione di qualsiasi musicista. Eppure le pagine più lette sono solo quelle che riguardano le royalty di Spotify: c’è un sacco di gente ossessionata da quei miseri 0,0003 € che ti restituisce Spotify.

Il vero prezzo che un artista musicale deve pagare per conoscere e applicare le dinamiche del marketing è di dover fare a cazzotti con il proprio ego.

Cambiare idea, aggiornare le proprie convinzioni, abbattere i luoghi comuni o riconoscere la propria ignoranza sono tra le attività più dispendiose dal punto di vista cognitivo e sono un problema per ognuno di noi.

Ogni volta che apprendi qualcosa di nuovo che contraddice ciò che pensavi di sapere, nel tuo cervello ristruttura la sua architettura mentale: crea nuove connessioni, cambia i processi sinaptici, butta il vecchio e accoglie il nuovo.

Purtroppo il nostro cervello è programmato per risparmiare energia e ce la mette tutta per ostacolare questo dispendioso sforzo mentale.

È un fatto fisico, non un opinione: è neuroscienza cognitiva.

Se ciò non bastasse, a renderti difficile il cambiamento ci si mette pure il tuo ego. Per un artista musicale avere un ego solido è molto importante perché farsi strada il mondo della musica è un percorso ad ostacoli dove solo i più sicuri di sé sanno mantenere viva la motivazione per tirare avanti.

L’ego è quella parte della nostra mente che si occupa dell’autoconsapevolezza e dell’immagine che abbiamo di noi,  difende la nostra identità, ci fa sentire coerenti, giusti e competenti.

Il nostro ego entra in crisi quando la realtà ci dimostra il contrario di ciò che crediamo sia vero. Questo provoca una tensione interna: il conflitto tra la realtà dei fatti e l’immagine che abbiamo di noi stessi, che rischia di essere minata dalla consapevolezza di essere ignoranti riguardo un certo argomento.

Spesso questo conflitto si traduce nell’insidioso Effetto Dunning-Kruger: un bias cognitivo in cui le persone meno competenti tendono a sovrastimare le proprie abilità, mentre le persone più competenti tendono a fare l’opposto.

Un meccanismo mentale subdolo in cui la stessa incompetenza che ti impedisce di svolgere bene una determinata attività, ti impedisce anche di accorgerti di non svolgerla bene. L’ignoranza, in questo senso, non significa solo non sapere, ma soprattutto non sapere di non sapere.

Questo bias ci è rassicurante: ci permette infatti di vivere nell’illusione di essere preparati, pronti e già sufficientemente formati.

L’unico modo per uscire da questa trappola è studio ed esperienza: lo studio ti offre le basi, l’esperienza l’opportunità di metterle in pratica.

Lo storytelling del musicista di successo che crea e produce l’album nella sua cameretta è una delle più grandi mistificazioni musicali della storia. In verità dietro ogni produzione di successo c’è un lavoro di squadra che va oltre l’ottima, produzione musicale. C’è un lavoro sulla personalità dell’artista, sulla sua immagine, sul suo messaggio.

Un processo a medio, lungo termine per posizionare l’artista musicale e la sua musica nella mente del pubblico, per renderlo unico e riconoscibile.

Se sei pronto per saperne di più e vorresti affrontare questo ed altri argomenti legati al personal branding musicale, sono a tua disposizione.

Contattami e ne parliamo.

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metadata come strumento di marketing

Immagina di aver scritto una canzone che esplode sulle piattaforme, con milioni di stream, eppure i soldi non arrivano. Non è un incubo: succede ogni giorno. La ragione? Non sono le piattaforme che ti fregano, ma la tua disattenzione ai metadata. Quell’informazione invisibile,nomi, codici, percentuali , che decide se vieni pagato in tempo o se i tuoi guadagni finiscono nella cosiddetta black box del denaro disperso.

Metadata come strumento di marketing

Ecco perché l’intervento di Niclas Molinder – produttore, autore ed editore svedese – pubblicato su WIPO Magazine è un campanello d’allarme che nessun artista o professionista del settore musicale dovrebbe ignorare.

Cosa dice l’articolo

Molinder, che ha fondato insieme a Björn Ulvaeus (ABBA) e Max Martin la piattaforma Session Studio, insiste su un punto semplice ma potente: se i creatori non raccolgono e condividono i metadata fin dall’inizio, l’industria non potrà farlo al posto loro. Questo significa:

  • Identificativi univoci (IPI, IPN, ISNI) condivisi tra i collaboratori;
  • Accordi chiari sulle percentuali di suddivisione prima della pubblicazione;
  • Utilizzo di strumenti compatibili con standard come DDEX-RIN;
  • Educazione continua sul valore della proprietà intellettuale.

Molinder ricorda che anche se Spotify ha distribuito oltre 10 miliardi di dollari in royalty nel 2024, molti autori continuano a non ricevere ciò che spetta loro. Il problema non è la “cattiva fede” delle piattaforme o delle etichette, ma la mancanza di dati accurati e trasparenti.

QUINDI, SECONDO ME

Qui tocchiamo un nervo scoperto e posso dirlo senza mezzi termini: la cura dei metadati è l’elemento meno sexy ma più decisivo per il successo a lungo termine. È come un’assicurazione: nessuno ci pensa quando le cose vanno bene, ma quando manca ti accorgi che stai perdendo soldi e opportunità.

Spesso i musicisti credono che basta fare musica, ma oggi l’industria è un business dei dati. Ogni stream, ogni utilizzo in sync, ogni passaggio radiofonico passa attraverso database che devono sapere chi ha fatto cosa. Se i dati sono incompleti o contraddittori, il flusso di denaro si blocca. E indovina? Il sistema non si fermerà ad aspettare te.

Molinder propone un cambio di mentalità: trattare la gestione dei metadati come un lavoro professionale, esattamente come un cameriere che deve fornire codice fiscale e ore lavorate per ricevere lo stipendio.

Perché ti riguarda da vicino

Se sei un cantautore, un produttore o anche solo un collaboratore occasionale, ignorare i metadati significa:

  1. Ritardi nei pagamenti: potresti aspettare mesi (o anni) per soldi già guadagnati.
  2. Crediti mancanti: il tuo nome non appare dove dovrebbe, limitando la tua reputazione e opportunità future.
  3. Perdita di revenue: i tuoi guadagni finiscono nella black box e magari vengono redistribuiti ad altri autori più tracciabili.
  4. Relazioni complicate: senza accordi chiari, i conflitti con co-autori o editori diventano inevitabili.
Il problema di fondo

Molinder lo dice senza giri di parole: l’industria musicale è lenta e inefficiente quando deve correggere errori a posteriori. L’unica soluzione è fare bene il lavoro alla fonte. Non dopo, non a posteriori.

Eppure la resistenza psicologica è fortissima. Parlare di suddivisioni e percentuali subito dopo aver scritto una canzone può sembrare brutto, può rovinare l’atmosfera creativa. Ma evitare quella conversazione porta a problemi ben più seri.

Ecco il paradosso: molti autori si lamentano di non essere pagati, ma sono gli stessi che non hanno mai concordato per iscritto chi detiene quale parte della canzone.

Un punto di svolta educativo

Qui entra in gioco CLIP (Creators Learn Intellectual Property), l’iniziativa educativa fondata da Molinder. Una piattaforma gratuita, disponibile in sette lingue, sostenuta dai principali enti del settore. È un passo avanti enorme perché fornisce strumenti chiari e validati per formare i creatori musicali, che troppo spesso entrano nel mercato senza alcuna preparazione in materia di diritti e business.

La vera sfida, però, è culturale: convincere i musicisti a vedere la gestione dei dati non come un peso burocratico, ma come parte integrante della loro carriera artistica.

Il marketing musicale e i metadata

Su una cosa voglio essere chiaro: i metadati non sono solo royalty, ma marketing puro. Ogni volta che i tuoi crediti sono completi, aumenti la tua reputazione digitale. Il tuo nome compare nelle ricerche, vieni trovato per collaborazioni, il tuo catalogo acquista valore. È una questione di visibilità e discoverability.
Senza metadati curati, è come avere un profilo Instagram senza bio, senza foto e senza link: esisti, ma nessuno ti trova.

Cosa puoi fare?
  • *Non delegare ciecamente a etichette o manager: i metadata sono responsabilità tua.
  • Discuti sempre le percentuali subito, per quanto scomodo possa sembrare.
  • Usa strumenti standardizzati: Session Studio, Connex, piattaforme compatibili con DDEX.
  • Cerca informazioni precise su questi metadata sul sito SIAE.
  • Tratta la cura dei dati come parte del tuo processo creativo.

Se oggi uscisse il tuo prossimo singolo e facesse milioni di stream, sei sicuro che tutti i collaboratori abbiano i tuoi stessi dati e che le tue percentuali siano registrate? Oppure rischi che il tuo lavoro finisca disperso nella black box?

La verità è che il successo senza dati solidi è un castello di sabbia.

Se vuoi davvero proteggere la tua carriera musicale, il primo passo non è scrivere la prossima hit, ma sederti con i tuoi collaboratori e compilare insieme i dati chiave: identificativi, percentuali, crediti. Fallo subito, anche con carta e penna, e poi digitalizza tutto. Non rimandare.

Vai all’articolo originale su WIPO

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Le royalty nell’era dell’intelligenza artificiale

Sono passati meno di due anni da quando dispensavo buoni consigli riguardo le royalty nell’era dello streaming. Fermo restando che i buoni consigli restano validi, l’artista musicale oggi deve affrontare il nuovo scenario disegnato dalle intelligenze artificiali generative applicate alla musica.

Le royalty nell'era dell'intelligenza artificiale.

Dorien Herremans in un articolo di WIPO Magazine cerca di mettere ordine nel terremoto generato dall’avvento dell’IA generativa: uno strumento digitale, un sistema, in grado di creare un brano in pochi secondi. Melodia, armonia, ritmo, timbro: tutto pronto in tempo reale. Il problema? Questi modelli vengono “allenati” su musica scritta da artisti veri, con mani vere, cuori veri.

Qui nasce la frattura: come proteggere e pagare i musicisti quando i loro lavori diventano mattoni invisibili di un algoritmo?Il salto è enorme, ma porta con sé un dilemma che la tecnologia non ha ancora risolto: chi è l’autore e chi ha diritto a essere pagato?

La signora Herremans si concentra su alcuni punti critici che toccano direttamente gli interessi degli autori delle composizioni musicali in questo contesto, provo a riassumerli:

  1. Dal cervello umano all’AI
    Così come noi apprendiamo la musica con un processo di “statistical learning” (riconoscendo schemi e aspettative sonore), le reti neurali fanno lo stesso: non memorizzano i brani interi, ma ne interiorizzano le strutture statistiche. Non c’è un archivio di canzoni dentro Suno o Udio: ci sono miliardi di parametri che descrivono probabilità e relazioni musicali.

    Questa somiglianza spiega anche la complessità legale: se il modello non copia le canzoni ma ne interiorizza gli schemi, possiamo dire che “ruba” musica? Oppure fa la stessa cosa che fa la nostra mente quando scriviamo un brano influenzato da ciò che abbiamo ascoltato?

    In pratica, la differenza tra ispirazione umana e training AI diventa sottile. Ed è proprio qui che nasce il dibattito: dove finisce l’apprendimento e dove inizia la violazione del copyright.

  2. Trasparenza mancante
    Se il progetto open-source Mustango dichiara di usare dati Creative Commons, le grandi piattaforme non rivelano quali brani hanno nutrito i loro modelli. E senza accesso ai dataset di training, capire se il tuo pezzo è stato usato diventa quasi impossibile.
  3. Compensi e licenze
    L’industria si sta chiedendo: un modello allenato su Taylor Swift e su un cantautore emergente deve esser pagato allo stesso modo? Probabilmente no. Serve un meccanismo dinamico, basato su quanto il valore economico di un artista influenza il risultato generato.
  4. Tecniche di rilevamento
    Nelle tecniche di addestramento di un IA, ci sono dei modelli di insegnamento che cercano di capire se un brano specifico è stato usato nel training. Se funzionassero, potrebbero aprire la strada a sistemi di royalty più equi.
  5. AI come alleato, non sostituto
    La visione più promettente non è un’AI che produce brani al posto dei musicisti, ma che diventa uno strumento creativo: suggerire armonizzazioni, completare sezioni melodiche, accelerare workflow. Un co-pilota creativo, non un rimpiazzo.

Dal mio punto di vista, però, il vero rischio non è che l’AI rubi la musica agli artisti, ma che rubi la fiducia del pubblico.

Perché la musica non è mai stata solo suono: è contesto, autenticità, storytelling. Spotify non ha ucciso i musicisti, ma ha cambiato il modo in cui si monetizza. TikTok non ha distrutto le band, ma ha ridefinito la viralità. Con l’AI sta accadendo lo stesso: il pubblico non smetterà di amare gli artisti, ma chiederà più trasparenza su cosa sta ascoltando e su chi ci guadagna.

Attualmente, vedo tre problemi che minano il mercato musicale e su cui si sta lavorando per risolverli:

  • Licenze opache: Se non sappiamo quali brani nutrono un modello, come possiamo accettare che il risultato venga monetizzato?
  • Pagamenti generici: Non è giusto che un artista riceva la stessa quota di Taylor Swift, ad esempio, se il prompt richiama esplicitamente la sua musica.
  • Narrativa mancante: Se un brano AI suona bene ma non ha una storia dietro, come può costruire un legame emotivo col pubblico?

Oramai il treno è partito e pensare di fermare lo sviluppo dell’IA è impensabile. Più sensato è impegnarsi nel governarne l’uso con logiche nuove. Alcune delle proposte sul piatto sono:

  • Licenze dinamiche: pagamenti proporzionali al livello di influenza dell’artista sul risultato.
  • Trasparenza obbligatoria: dichiarare quali dataset sono stati usati, come avviene già per le fonti giornalistiche.
  • AI come servizio, non come prodotto: le piattaforme dovrebbero presentare l’AI come uno strumento per accelerare la creatività, non come fabbrica di hit anonime.

Come artista musicista, la cosa che più di ogni altra dovresti temere è però la la saturazione del mercato. Quando chiunque può generare 100 canzoni al giorno, la vera battaglia non sarà più avere un brano, ma essere ascoltato.

Ma se sei un lettore di questo blog o hai avuto il piacere di collaborare con me, sai già quali sono le soluzioni per sfuggire alla trappola della saturazione (che di fatto già esiste):

  • Il valore di un artista non sarà nella melodia, ma nel brand personale.
  • Le community diventeranno più importanti delle classifiche.
  • L’autenticità sarà la valuta più rara.

In pratica, mentre i brani AI possono suonare perfetti, tu artista umano puoi offrire qualcosa che nessuna rete neurale copierà mai: esperienze, relazioni, identità.

Ogni rivoluzione tecnologica divide: da un lato chi la teme, dall’altro chi la sfrutta. La vera domanda che dovremmo porci non è “può l’AI scrivere musica meglio di noi?”, ma piuttosto: come vogliamo che la musica del futuro rifletta ancora i valori, i diritti e le emozioni di chi la crea?

E qui passo a te: pensi che l’AI diventerà un alleato indispensabile per gli artisti, o che finirà per svuotare di senso la musica stessa?

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Le 42 leggi universali del digital carisma: La fusione tra vita digitale e reale è il futuro della comunicazione

di Rudy Bandiera
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Si è sempre erroneamente sostenuto che la vita reale e la vita digitale siano distinte, generando errori semantici più volte perpetrati dai media quali “il popolo della Rete”, come se offline il popolo fosse un altro! La verità è diversa: la vita reale e la vita digitale sono due facce della stessa medaglia, anzi sono la stessa faccia della stessa medaglia, ormai talmente fuse in un unico plasma che si potrebbero immaginare come due liquidi di diverso colore lasciati liberi di miscelarsi in un nuovo cromatismo, non più separati ma uniti, amalgamati. Si è sempre parlato di personal branding abbinato alla personalità online e di carisma associato a una tipologia di personalità offline ma, se on e off sono saldati, allora lo saranno anche personal branding e carisma. Il carisma è qualcosa che può essere coltivato anche in ambito digital ovvero anche in non-presenza, dove non occorre la fisicità. Sì, per la prima volta nella storia siamo di fronte a un nuovo modo di approcciarci alla realtà: attraverso la vita reale (VR) e la vita digitale (VD).
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