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Il Jazz è condivisione.

In questi giorni ha ripreso a circolare su Facebook una risposta di Herbie Hancock di qualche anno fa in cui, alla domanda Perché il jazz non fa più parte della scena pop? L’artista di Chicago risponde:

Il Jazz è condivisione

“Perché la musica non conta più. La gente non si preoccupa più della musica stessa, ma di chi fa la musica. Il pubblico è più interessato alle celebrità e a come un certo artista sia più famoso della musica. Il modo in cui il pubblico si relaziona con la musica è cambiato. Non ha più una connessione trascendentale con la musica e la sua qualità. Vuole solo il fascino. Il jazz non vuole farne parte. Sai perché? Non si tratta di umiltà o arroganza, una posizione “non vogliamo essere famosi, siamo ‘underground'”, niente di tutto questo. Il jazz riguarda l’animo umano, non l’apparenza. Il jazz ha dei valori, insegna a vivere il momento, a lavorare insieme e soprattutto a rispettare il prossimo. Quando i musicisti si riuniscono per suonare insieme, bisogna rispettare e capire quello che fa l’altro. Il jazz in particolare è una lingua internazionale che rappresenta la libertà, grazie alle sue radici nella schiavitù. Il jazz fa sentire bene le persone con se stesse.

Tra i vari commenti al post ha attirato la mia attenzione quello semplice e sintetico della cantante jazz Sandy Patton che ha scritto

Il Jazz è condivisione non mettersi in mostra.

L’opinione di Herbie Hancock è in gran parte condivisibile, oggi gran parte del marketing nell’industria musicale è incentrato attorno alla figura dell’artista, questo perché la tendenza più funzionale nell’era della musica in streaming è quella di lavorare sul personal brand, ovvero sulla figura del musicista piuttosto che sul suo prodotto musicale.

Ma un musicista jazz che non vuole cadere nel culto del personaggio ed evitare tutte le trappole che questo comporta, trova proprio nelle moderne strategie di marketing soluzioni utili per uscire dalla nicchia degli appassionati e attirare pubblico nelle esibizioni live, nelle jam session con altri artisti del suo calibro, che essendo eventi unici, mai uguali a se stessi, possono sfruttare delle leve di marketing per rendere il jazz più popolare di quello che oggi è.

Sono dinamiche che il mondo Hip-Hop ben conosce e sfrutta per esempio nelle Freestyle Battle dove gli MC si divertono ad improvvisare dialoghi in rima in genere con uno scopo agonistico e altamente spettacolare.

Nel jazz, come fa notare Sandy Patton, in realtà si cerca una comunione tra musicisti. Nell’improvvisazione si cerca una sintonia delle parti affinché diventi un unico armonico e gratificante, sia per i musicisti che per il pubblico. Questo è il senso in cui va letto che il Jazz è condivisione.

Ciò che a mio avviso è fuorviante nella dichiarazione di Hancock, è pensare che, nonostante gli aspetti negativi della nostra modernità, sia impossibile per un artista jazz mettere al centro la propria musica piuttosto che il proprio personaggio. Le strade in realtà ci sono e come spesso accade sono delle sagge vie di mezzo.

Magari sono strategie di marketing meno rapide, meno performanti, ma se intraprese con coerenza e costanza possono ottenere l’effetto desiderato: un pubblico attratto dalla magia della musica e non dalle luci dello show business.


La scimmia nel cassetto. Liberati dal giudizio degli altri, apriti alla narrazione e scopri chi ti apprezza

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Nel cassetto teniamo le cose più preziose, i sogni e tutto ciò che non abbiamo il coraggio di essere o mostrare. Tutti noi abbiamo progetti, obiettivi e aspirazioni, vere e proprie scimmie che rimangono intrappolate, che non possono nemmeno urlare per la frustrazione di dover restare chiuse in un cassetto. In silenzio.
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