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La musica glocalizzata ha modificato gli equilibri.

In un articolo del Financial Times di questi giorni i due autori Ralph Simon e Chris Dalla Riva rendono noti i risultati di un’analisi che disegna una geografia musicale con dinamiche inedite e impreviste sul mercato discografico internazionale.

La glocalizzazione ha modificato gli equilibri nell'industria discografica mondiale

Nel contesto internazionale, sono solo quattro le grandi nazioni esportatrici di musica nel mondo: Stati Uniti, Gran Bretagna, Svezia e Corea del Sud; senza dimenticare che il predominio mondiale della musica anglosassone è durato ininterrotto dalla seconda metà del ‘900 sino ai giorni nostri. Eppure questa posizione di vantaggio è oggi messa in discussione da un’inatteso comportamento degli ascoltatori sulle app di musica in streaming.

Oggi cosa è cambiato?

Semplicemente è successo che la globalizzazione ha ceduto il passo alla glocalizzazione.

Sui servizi musicali in streaming, capaci di distribuire la musica di ogni luogo a livello globale, la musica locale prospera in ogni rispettivo paese rivelando una dinamica che non esisteva quando i negozi di dischi e le stazioni radio di quartiere controllavano l’attenzione del pubblico. Per esempio, gli artisti britannici o statunitensi possono aver dominato le rispettive classifiche lo scorso anno, ma i tedeschi, i francesi e gli italiani hanno a loro volta regnato nei loro mercati nazionali. Inoltre, i primi posti nelle classifiche locali si esibiscono sempre più nelle loro lingue native.

Le classifiche in Svezia, una delle prime nazioni ad adottare lo streaming, sempre lo scorso anno sono state dominate dagli svedesi che si sono esibiti in svedese. Un decennio fa, né gli svedesi né la loro lingua erano la maggioranza. Gli artisti polacchi ora dominano anche le classifiche polacche, anche se molti si esibiscono in hip-hop, un genere americano. Localizzazione degli artisti, ma globalizzazione del genere.

Questa è la glocalizzazione, termine coniato nel 1995 dal sociologo Roland Robertson che ipotizzò che la proliferazione di supermercati etnici in California non stesse appiattendo il mondo, ma piuttosto trasformando il globale in locale.

Questo fenomeno spontaneo nel comportamento del pubblico è stato notato anche in casa Amazon dove constatano che la tendenza alla glocalizzazione “sembra coerente con la più ampia tendenza sociale secondo cui, man mano che diventiamo più globali, stiamo anche diventando più tribali” e sue produzioni glocalizzate avere rendimenti migliori.

Almeno per quanto concerne l’industria musicale, questa dinamica del mercato ha funzionato meglio delle politiche sovraniste di alcuni governi nazionali, la Francia per esempio, che hanno legiferato a protezione della propria industria culturale con risultati dubbi. Lo streaming di musica e video ha raggiunto il risultato politicamente auspicabile della preminenza della musica nazionale, senza l’intervento del governo. Ironia della sorte, questi mercati globali non regolamentati hanno avuto successo laddove quelli regolamentati della radio e della televisione locale hanno fallito.

In questo contesto, possiamo anche valutare che, per quanto ci riguarda, il mercato italiano è da considerarsi una nicchia di pubblico ben precisa alla quale rivolgersi sapendo toccare i giusti tasti. Ancora una volta il problema che l’artista musicale deve affrontare è identificare ed identificarsi con il suo pubblico di riferimento, risvegliandone le emozioni e coinvolgerlo con la sua musica: il fatto che si parli la stessa lingua e si condivida la stessa cultura, può ritenersi un catalizzatore da non sottovalutare.


Le 42 leggi universali del digital carisma: La fusione tra vita digitale e reale è il futuro della comunicazione

di Rudy Bandiera
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Si è sempre erroneamente sostenuto che la vita reale e la vita digitale siano distinte, generando errori semantici più volte perpetrati dai media quali “il popolo della Rete”, come se offline il popolo fosse un altro! La verità è diversa: la vita reale e la vita digitale sono due facce della stessa medaglia, anzi sono la stessa faccia della stessa medaglia, ormai talmente fuse in un unico plasma che si potrebbero immaginare come due liquidi di diverso colore lasciati liberi di miscelarsi in un nuovo cromatismo, non più separati ma uniti, amalgamati. Si è sempre parlato di personal branding abbinato alla personalità online e di carisma associato a una tipologia di personalità offline ma, se on e off sono saldati, allora lo saranno anche personal branding e carisma. Il carisma è qualcosa che può essere coltivato anche in ambito digital ovvero anche in non-presenza, dove non occorre la fisicità. Sì, per la prima volta nella storia siamo di fronte a un nuovo modo di approcciarci alla realtà: attraverso la vita reale (VR) e la vita digitale (VD).
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5 tips per una playlist musicale in streaming

Mi sorprende tuttora come gli artisti musicali sottovalutino la forza promozionale delle playlist nel loro profilo artista delle varie app di musica in streaming. E’ una mancanza che, a mio avviso, professionalmente non gli rende onore. Creare almeno una playlist in cui inserire i propri brani è il primo passo per l’auto promozione e per legare con il pubblico che può apprezzare la tua musica.

Per questo motivo vorrei darti qualche suggerimento di base per creare delle playlist solide in grado di catturare ascoltatori appassionati.

5 tips per una playlist musicale in streaming

1. Scegli un nome il nome giusto e non modificarlo

Una playlist per l’ascoltatore è un’esperienza personale. Un titolo non banale, capace di distinguersi dalla massa, è la scelta migliore che puoi fare. Metti in moto la tua creatività e trova un titolo evocativo capace di guidare l’ascoltatore al tipo di musica e di atmosfera che troverà nella selezione. Non dimenticare di creare anche una descrizione che renda bene l’idea della musica che proponi suggerendo a quali persone o per quali occasioni è più adatta. E’ il pubblico qualificato che darà alla tua selezione un pubblico di valore. E’ importante non modificare il titolo della playlist perché è strettamente legato agli algoritmi di ricerca, questo a diverso titolo su tutte le app di musica in streaming.

2. Mettiti nei panni del tuo pubblico

Nel creare la playlist, dove inserirai anche qualche tuo brano, devi innanzitutto preoccuparti di creare un mood, un’atmosfera coerente. Ma devi coniugare questa esigenza partendo dai tuoi gusti personali perché il risultato della selezione dev’essere sincero, genuino: il pubblico ha un sesto senso particolare quando cerchi di prenderlo in giro. Sii onesto con te stesso e crea quella playlist che ti soddisfa al 100%. La sincerità premia più di ogni altra cosa e nel mondo ci sono milioni di persone pronte a condividere i tuoi gusti e curiose di ascoltare la tua musica. Mettere in testa alla tua selezione quattro o cinque brani di successo servirà a rompere il ghiaccio e convincere l’ascoltatore a continuare nei brani successivi.

3. La Copertina e la Descrizione.

Ovviamente la copertina della playlist ha la sua importanza. Grafica ed immagine devono essere accattivanti e contenere un riferimento esplicito al contenuto della selezione musicale che hai compilato, ma questo potrebbe non bastare.

Analizza le copertine delle playlist di maggior successo, scoprirai che le immagini hanno pochi dettagli e l’immagine è facilmente identificabile anche quando sono ridotte a icona, non solo, il titolo spesso è scritto con caratteri cubitali per lo stesso motivo sopra citato.

Non è male crearsi una linea grafica omogenea in modo che il pubblico riesca a riconoscere a colpo d’occhio che quella playlist è una tua playlist, qualsiasi genere musicale contenga.

La descrizione è molto importante: dev’essere invitante e magari contenere almeno 10 nomi di artisti presenti per essere notata dagli algoritmi di ricerca.

Questi sono i suggerimenti da manuale che dovresti imparare a memoria. Nonostante questo, nel mio profilo Spotify ho preferito seguire una via diversa realizzando grafiche univoche, molto omogenee ed estremamente sintetiche. Ho scoperto che se la musica è buona ed il mood ben riuscito, la selezione ha comunque un buon riscontro di pubblico, perché a conti fatti, è sempre la qualità musicale che fa la differenza. ( Seguimi su Spotify)

4. Aggiorna costantemente la playlist

E’ importante che programmi una scadenza periodica per aggiornare la tua playlist con le nuove uscite o le nuove scoperte, magari togliendo i brani che consideri superati o che ad un ascolto più attento ti sembrano meno meritevoli: la qualità di una selezione alla lunga premia più di ogni altra cosa. Personalmente ti consiglio di creare playlist di 2-4 ore di durata, ma se riesci a collezionare un buon repertorio puoi arrivare anche a 8 o 12 ore, ma dev’essere una selezione veramente ricca di roba buona. Inoltre, se ti è possibile, non mettere più di 5-6 brani per artista: la varietà paga.

5. Condividi et Impera.

Questo geniale motto creato dal brillante Rudy Bandiera è l’ultimo e determinante passo per attirare attenzione verso la tua playlist. Quando condividi la tua selezione sui social cita i nomi degli artisti coinvolti, magari taggandoli, te ne saranno grati e potrebbero decidere loro stessi di condividerla sulle loro pagine creando quel circolo virale che la farà decollare.

Conclusione

Queste regole basiche per creare e gestire playlist valgono, più o meno, per tutte le app di musica in streaming e sono la base di partenza per far conoscere la tua musica ad un pubblico più ampio. La creazione di playlist va vissuta con spontaneità e leggerezza, come un hobby gratificante. Non solo può fare del bene alla tua musica, ma può far del bene anche a te offrendoti nuovi stimoli e nuove idee per le tue composizioni.

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I molti suggerimenti pratici e i numerosi consigli, frutto di tanta esperienza concreta, arricchiscono questo lavoro, che conferma ancora una volta che il talento per quanto faccia la differenza, se non accompagnato da competenze, non basta, mentre la competenza e una buona strategia, possono certamente aiutare anche un non eccellente talento musicale.
Insomma, un bel viaggio, adatto chiunque sia appassionato di musica e voglia trasformarla in un mestiere, oppure a quei professionisti del settore che desiderino consolidare o mettere a fuoco le regole del business e del marketing musicale.
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Cura le tue playlist YouTube e Spotify

Uno dei metodi più economici, funzionali e creativi per far conoscere la tua musica sui social media è la creazione di playlist. Questo vale sia per Spotify, per Deezer e anche per YouTube. Credo seriamente che un artista musicale sia la figura più adatta per compilare una playlist coerente capace di mettere in relazione la propria musica con quella dei colleghi, creando un’esperienza di ascolto originale e appagante.

courtesy by pixabay.com

Ci sono molti modi per stilare una playlist capace di coinvolgere gli ascoltatori, per un artista musicale il primo è quello di mettere la propria musica insieme a quella dei colleghi che ama e che lo influenzano. E’ un buon metodo per creare un microcosmo nel quale l’ascoltatore familiarizza con la tua musica e riconoscendosi nei tuoi gusti diventando un fan. Una playlist di questo genere, è adattissima per essere messa in evidenza sulla tua pagina Spotify for Artist o sulla home del tuo canale YouTube.

Nella creazione di una playlist, più che il genere musicale, aiuta molto il mood che si vuole creare: allegro, triste, lento, veloce, riflessivo o motivazionale; scegli tu quello che più si adatta alla tua musica. Il pubblico sembra amare molto anche le playlist tematiche come quelle dedicate ad uno strumento: ad esempio, pianoforte, chitarra acustica, tromba, ecc.

Devi tener presente che tutti i social media sono regolati da algoritmi, perciò il campo descrizione delle tue playlist deve esser opportunamente compilato con indicazioni sul tipo di playlist che hai creato e magari con indicazioni sul genere/generi musicali che racchiude.

Nel caso di Spotify, ti consiglio di leggere questo post in cui descrivo come gli algoritmi dell’app svedese ascoltano la musica presente nei suoi database, può esserti utile per creare una playlist con una logica coerente che piaccia anche al freddi algoritmi.

Una buona playlist può partire con una selezione che può andare dai trenta ai quaranta brani, per poi ampliarla sino a otto ore di musica nel caso sia particolarmente apprezzata. Ovviamente, in testa alla selezione, insieme ai tuoi brani, conviene mettere brani più popolari, magari recenti, per attirare l’attenzione degli ascoltatori.

Le tue playlist vanno poi tenute aggiornate e arricchite, cercando sempre di mette i tuoi brani nelle prime posizioni, nella fascia alta per intenderci, ma senza sfacciataggine; il successo, il gradimento di una playlist dipende molto dal gusto con cui è stata compilata. Una lista di brani buttati giù a casaccio non servirà certo a valorizzarli.

Col tempo, potrebbe esser necessario aumentare la durata della playlist. Io consiglierei di non superare le otto ore di musica, altrimenti la selezione comincia essere troppo dispersiva e anche difficile da gestire.

Tutto quello che hai letto sopra, vale per ogni social media che ti permette di creare e condividere playlist pubbliche come Spotify, YouTube e Deezer. Sarà la condivisione e l’invito all’ascolto nei tuoi social, Instagram, Facebook o Twitter, che inizierà a fare la differenza. Potresti scoprire che, oltre essere un artista musicista, sei anche un influencer musicale e un brillante playlist curator.

Hai già una playlist che ha sollevato un certo interesse tra il tuo pubblico? Me la linki nei commenti a questo post? Grazie 🙂


Marketing Musicale: Come sfruttare le playlist di Spotify per promuovere la tua musica

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“Marketing Musicale: Come sfruttare le playlist di Spotify per promuovere la tua musica” è la guida essenziale per gli artisti che desiderano fare della promozione musicale il loro punto di forza. Grazie ai consigli di PlayHola, brand specializzato nel marketing musicale, imparerai come creare playlist efficaci, ottimizzare la tua presenza su Spotify e promuovere la tua musica attraverso i canali più adatti. Scopri come utilizzare al meglio le playlist di Spotify, una vera e propria arma nel mondo del marketing musicale, per raggiungere un pubblico più ampio e far crescere la tua carriera artistica.

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Come condividere una playlist in più servizi di streaming

Per un artista musicale o un’etichetta, la creazione di playlist musicali nei diversi servizi di musica in streaming è un elemento strategico per diffondere le proprie produzioni e incrementare la platea di pubblico, questo è un dato di fatto noto e assodato.

Come condividere una playlist in più servizi di musica in streaming

Questa operazione si rivela fondamentale all’artista per poter raggiungere il pubblico più ricettivo alle sue creazioni. Per questo il mio invito pressante a tutti i musicisti è quello di creare selezioni con la loro musica e quella dei loro colleghi preferiti, a cui magari si ispirano o con cui hanno delle affinità artistico creative.

Creare una playlist che funzioni, che raccolga follower e ascolti, non è così facile come si potrebbe pensare. Richiede cura, attenzione e pazienza. Ci sono diverse variabili che determinano il successo di una playlist e spesso non sono legate alla popolarità dei brani.

Oggi non voglio dilungarmi troppo su questo, mi limito a dirti che una playlist funziona se riesce a mantenere una sua coerenza. Nel senso che dovrebbe rispettare una certa coerenza di mood o di genere, per esempio. Anche se si potrebbe pensare che una playlist variegata, generalista, possa coinvolgere un maggior numero di persone, la realtà è diversa.

All’ascoltatore piace trovare nella selezione la musica annunciata nel titolo. Per meglio capirci, in una playlist dal titolo Evening Piano Jazz eviterei di mettere un notturno di Chopin. E’ vero che la musica di Chopin, magari interpretata da Benedetti Michelangeli è gran musica, ma è molto probabile che questo non rientri nelle aspettative di un ascoltatore che vuol gustarsi del buon jazz, e che anzi lo infastidisca.

Arriviamo al punto.

Ora tu hai confezionato una bella playlist su Spotify dove ci sono le tue canzoni e quelle dei tuoi artisti di riferimento. L’hai condivisa sui social, la aggiorni periodicamente e vedi che, giorno dopo giorno sta acquistando nuovi follower. Come puoi ottimizzare al meglio questo tuo lavoro di promozione? Magari condividendo questa playlist su altri servizi di musica in streaming quali Deezer, Tidal e YouTube o altri, vero?

A farci risparmiare un bel po’ di fatica in questo c’è Soundiiz una semplice app che ti permette di copiare le tue playlist da un servizio di streaming all’altro. Potrai così avere la playlist che hai creato su Spotify anche su Deezer o altri servizi impostando una semplice sincronizzazione. Il servizio di Soundiiz è disponibile gratuitamente con funzionalità limitate o a pagamento con funzionalità aggiuntive.

Direi che l’uso di Soundiiz può farti guadagnare una nuova fetta di pubblico aumentando la visibilità dei tuoi brani senza grandi perdite di tempo. Provala. Fammi sapere come l’hai trovata e se ti ha portato dei risultati. Io la sto provando in questi giorni.


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Non c’è solo Spotify, per esempio…

In questo post avevo scritto di come Spotify da un po’ di tempo operi spesso la scelta editoriale di non pubblicare album di cover.

Questo può diventare un grosso grattacapo per qualsiasi artista musicale che vuol mantenere un alto tasso di produzioni discografiche e lo è anche per l’etichetta che gli pubblica la musica. Fortunatamente questa selezione non è applicata su altre piattaforme come YouTube e Deezer se vogliamo fermarci alle app di streaming gratuito con pubblicità.

Non c'è solo Spotify, c'è anche YouTube Music
courtesy Pixabay.com

Nonostante Spotify faccia il fighetto, è ancora YouTube la prima fonte di ascolto di musica in streaming, tra l’altro gode di una fascia d’età di ascoltatori più ampia rispetto l’app svedese. Dal 2019 al sito si è affiancata l’app YouTube Music che consente di sfogliare video e playlist più agevolmente. A suo vantaggio, va anche detto che il motore di ricerca di YouTube, ampiamente collaudato, è molto più soddisfacente rispetto a quello di Spotify.

Ma come puoi far conoscere le tue musiche su YouTube?

Le buone pratiche in fondo sono sempre le stesse:

  • Crea delle playlist in cui metti le tue canzoni.
  • Interagisci e scambia musica con altri Youtubers e musicisti e creati una community che ti segua.
  • Commenta la musica che ti piace su altri canali, magari mettendoci anche tutta la tua competenza oltre che il gusto.
  • Condividi le tue playlist sui tuoi social

Inoltre YouTube crea in automatico un canale artista (Tema o Topic) dove raccoglie tutte le tue pubblicazioni, anche quelle che generalmente vengono caricate in automatico dai distributori digitali (Believe, The Orchard, Distrokids, Tunecore). Condividilo e fallo conoscere. Stessa cosa vale se hai un tuo canale personale.

Su Deezer per il momento mi limito a dire che le sue funzionalità sono molto simili a Spotify e le regole per il suo buon utilizzo sono le stesse che ho elencato per YouTube.

Nei tempi della musica in streaming, qualsiasi sia il canale che prediligi, Spotify, AppleMusic, YouTube, Deezer o altro, curare e far crescere una community e partecipare in altre community, è l’unico modo conosciuto per far conoscere la tua musica on line. Lo puoi anche fare dal vivo durante i concerti e con il contatto diretto con il pubblico, ma lo dovresti fare anche quando sei davanti al computer o al cellulare.

E’ un passaggio obbligato che va fatto con metodo e costanza, puoi farlo direttamente tu, oppure affidarti a qualcuno che ti dia una mano per crescere.


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musica streaming

8 cose da evitare con i servizi musicali in streaming

Avere un album o un brano pubblicato da un distributore digitale, streaming o mp3 che sia Spotify, Deezer, Apple o altro è semplice. Questo non significa che i distributori digitali non chiedano specifici requisiti per accettare la tua musica nel loro catalogo.

chitarra classica con note
Alcuni consigli per non vedersi bocciato un brano da una piattaforma streaming.

In questo post ti elencherò alcune linee guida usate dai principali distributori di musica digitale che devi tener in seriamente in considerazione, se non vuoi correre il rischio di veder rifiutato il tuo brano.
Queste linee guida sono inoltre applicate dai principali distributori di musica digitale (Believe, Tunecore, The Orchard…) perché sono richieste esplicitamente dalle piattaforme di streaming musicale e dai negozi digitali.

  1. Tributi, Karaoke e cover simili al brano originale.

    Si definisce una registrazione Sound-Alike quando un brano imita il suono di un disco popolare o lo stile di un artista di popolare; il termine si riferisce anche agli artisti che si esibiscono in tali registrazioni. Le piattaforme digitali amano prodotti unici e onesti, che non possano generare confusione negli ascoltatori.

  2. Release con nomi artista falsi
    o contenenti parole chiave.

    Intitolare un album o un brano Ambient, Chill Out, Music Relax o peggio Musica di Sottofondo per Ristorante, potrebbe avere brutte conseguenze. Anche un The Best of… potrebbe incorrere nella censura delle piattaforme.
    Il mio consiglio è di usare fantasia e arguzia nel trovare un titolo originale che riesca descrivere il genere musicale e attrarre l’ascoltatore. Meglio ancora se fai un’indagine di mercato prima di definire il nome della tua band o il tuo nome d’arte: hai presente quante artiste con il nome Cherie sono presenti al mondo? Prova a vedere su una piattaforma di musica streaming.

    Questo tra le altre cose potrebbe generare confusione nelle piattaforme streaming con il rischio che assegnino il brano al profilo artista errato, rischiando di compromettere il lancio del tuo brano o dell’album.

  3. Artisti, orchestre e performer generici.

    Le piattaforme digitali non amano i progetti di corto respiro. Spesso gli artisti si riuniscono in un ensemble finalizzato a sviluppare un’idea o per un album di cover e scelgono il primo nome che gli passa per la testa.

    Anche nel nome è richiesto uno sforzo di fantasia: nomi generici come Experience Music o Music Project rischiano di non trovar spazio. Direi che in generale nomi artisti e titoli troppo inflazionati, rischiano di essere rifiutati.

  4. Contenuti generici
    a tema festivo-religioso.

    In realtà ogni anno siamo bombardati da nuove pubblicazioni a tema natalizio, alcune buone altre meno,  se vuoi trovare un tuo spazio tra queste, devi riuscire a trovare una soluzione editoriale che passi la selezione per l’inserimento. Un progetto editoriale di qualità e ben progettato anche nella presentazione, non verrà rifiutato.

  5. Generi musicali generici.

    Indicare un genere musicale preciso, ma sopratutto, rispettare nelle tue composizioni i canoni del genere indicato è indispensabile per non avere problemi con i distributori di musica digitale, quindi è meglio evitare come la peste di indicare generi musicali come: Nature Sounds, Musica per Fitness/Esercizi, Fake Chill, Fake New Age, Relax, Meditation e Yoga Music, Brain Power.

  6. Contenuti male confezionati.

    L’immagine non è tutto ma ha la sua importanza, cura la qualità della copertina, assicurati che la foto non sia sgranata, sfocata, decentrata. Contenuti musicali registrati male o con scarso valore editoriale oggi vengono immediatamente cestinati. In particolare le registrazioni live che vengono valutate dallo staff: se non sono ben curate rischiano grosso.

  7. Musica licenziata, ma senza esclusiva.

    A questa regola possono incappare facilmente rapper e trapper, in genere tutti coloro che usano sample e loop acquistati. L’uso di questi strumenti genera molti conflitti con il sistema fingerprint di riconoscimento delle tracce, e questo non piace a nessuno. Se ti piace far musica con il computer è bene che sample e loop te li costruisca con le tue manine.

  8. Contenuti fuorvianti.

    L’uso di qualsiasi contenuto fuorviante, basta anche un sottotitolo del tipo le canzoni di Vasco Rossi, potrebbe esser sufficiente per far bannare il tuo album di cover del Blasco, anche se sono una reinterpretazione artisticamente ricercata e valida.
    Non usare immagini di copertina se non hai l’autorizzazione per farlo, potrebbe avere serie conseguenze legali. Mettere qualsiasi contenuto raffigurante la simbologia nazista è il modo migliore per non vedere la propria musica distribuita in rete.

Questi sono gli 8 punti principali di cui devi tener conto per poter inviare tranquillamente la tua musica alle piattaforme e store digitali ma ti invito anche a leggere le iTunes Style Guide, non dico di impararle a memoria, ma comprenderne lo scopo e la filosofia è un utile orientamento per meglio vivere nel mondo della musica in streaming.

Se vuoi approfondire questo argomento, lasciami un commento, cercherò di esserti utile.

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Cosa ci vuole per vivere di musica? Basta il talento? Che differenza c’è tra fare successo e avere una carriera, e come è possibile prendere il controllo del proprio destino professionale nell’industria musicale? Queste domande accomunano tanto lo studente che muove i primi passi nel mondo dello spettacolo, quanto il musicista esperto che si confronta con gli scenari odierni del mondo della musica, tra nuove piattaforme digitali e opportunità promozionali spesso difficili da identificare con chiarezza. Music Business – La Grande Guida racconta con tono informale ma preciso tutto quello che oggi l’aspirante professionista ha bisogno di sapere per vivere di musica e orientarsi nell’intricato universo del music business. Il testo è pensato per offrire, per la prima volta in italiano, tutti gli strumenti critici e strategici indispensabili a muoversi con successo nel moderno mondo dell’industria musicale. Dall’utilizzo consapevole dei social network alle nuove piattaforme di diffusione e streaming musicale, al lettore è offerto un prontuario completo di consigli e tecniche per promuoversi e sviluppare connessioni di valore nell’ecosistema del professionismo musicale. Music Business – La Grande Guida è pensata anche per gli studenti delle nuove classi di musica moderna e jazz dei conservatori, dei licei musicali e della miriade di scuole ed accademie private italiane, proponendosi come il testo di riferimento per comprendere le mutate condizioni tecnologiche dell’industria musicale all’indomani della rivoluzione digitale.
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Come lo Streaming cambia le abitudini di ascolto

In principio é iTunes, con la sua bella libreria organizzata per generi musicali che ha rivoluzionato il nostro modo di ascoltare la musica nel XXI secolo. La fruizione di musica in iTunes richiede all’ascoltatore, che acquista gli mp3, la scelta tramite ricerca basata su genere musicale e autori per poi, eventualmente evolversi in base alla curiosità soggettiva dell’utente con la creazione di playlist. Il successivo avvento dello streaming aggiunge a questo metodo tradizionale, basato su categorie di genere, i suggerimenti degli algoritmi, delle Intelligenze Artificiali, che imparano a riconoscere i gusti dell’ascoltatore e li intercettano proponendogli playlist personalizzate.

Una ragazza ascolta la musica dal cellulare
courtesy pixabay.com

Preso atto di questo, spontanea mi è venuta la domanda di quanto gli algoritmi possano influenzare l’ascoltatore nelle sue scelte musicali; Domanda che trova una parziale risposta nella conoscenza di come funzionano le diverse piattaforme di streaming.

iTunes è organizzato come una biblioteca musicale tradizionale dove a canzoni, artisti, album, generi sono affiancate le playlist create dall’ascoltatore. Questo sistema si è mantenuto anche nel passaggio verso il servizio streaming di Apple Music, una scelta aziendale fatta dalla constatazione di come gli utenti continuino ad apprezzare questo modello. Spotify e YouTube Music invece, si distinguono per la scelta di affidare la ricerca alle Intelligenze Artificiali capaci di intercettare i gusti dell’utente tramite algoritmi di auto apprendimento.

Per spiegare meglio la differenza di fruizione, basti pensare che, mentre su Apple Music la musica si cerca e organizza nella libreria, su Spotify e YouTube Music, gli algoritmi cercano di prevedere le scelte offrendo delle playlist già redatte e basate sulle abitudini di ascolto. Non sono sistemi perfetti, in particolare quello di YouTube Music, ma stanno migliorando piuttosto velocemente e i risultati possono essere sorprendenti in termini di esperienza di ascolto.

Nonostante questo, il sistema algoritmo di Spotify e You Tube Music, nelle ricerche e nelle proposte, cercherà sempre la massima soddisfazione dell’ascoltatore basandosi su valori tipo la popolarità dell’artista, del brano e gli ascolti dell’ascoltatore. Questo sacrificando la scelta di proposte più coraggiose e rischiando di richiudere l’ascoltatore in una bolla che gli renderà più difficile scoprire musica al di fuori dei schemi algoritmi.
Altro limite del sistema algoritmo (in Spotify si nota in maniera particolare) è la difficoltà di cercare la musica per genere. Se noti, nella scheda Ai Fan Piace Anche, non sempre Spotify mette in relazione artisti realmente vicini tra loro. Questo dipende da molti fattori tra cui, non secondario, il corretto caricamento dei brani da parte delle label. In realtà quello che manca è una esatta contestualizzazione dei brani e dei loro interpreti come invece accade nella catalogazione per genere di Apple Music o Deezer.

I sistemi algoritmici come Spotify prediligono un esperienza di ascolto emozionale, basata sull’umore (mood) del momento e sui gusti conosciuti dell’utente. Altre piattaforme come Apple Music o Deezer, danno spazio all’approccio filologico che organizza le musiche e gli autori raggruppati per genere musicale. Questa differenza inevitabilmente finisce per condizionare la fruizione quotidiana della musica.

Sarebbe ingiusto dire che un metodo è migliore dell’altro. Sono le abitudini dell’ascoltatore ad avere l’ultima parola su quale sia il metodo più soddisfacente. Per esempio, chi desidera una playlist perfetta al momento giusto, troverà soddisfazione usando Spotify; chi invece ama organizzare la propria musica e gestirla con logica, Apple Music e Deezer sono le più adatte; mentre per gli audiofili c’è Tidal che risponde alle esigenze di una qualità audio superiore.

Gli ascoltatori oggi hanno l’opportunità di poter scegliere quale servizio di streaming si adatta di più alle loro esigenze di ascolto, i vantaggi per i musicisti sono negli strumenti di analisi offerti dalle piattaforme che permettono di scoprire come viene fruita musica e sopratutto per poter individuare il pubblico più adatto alle loro composizioni.

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di Alessandro Liccardo
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Cosa ci vuole per vivere di musica? Basta il talento? Che differenza c’è tra fare successo e avere una carriera, e come è possibile prendere il controllo del proprio destino professionale nell’industria musicale? Queste domande accomunano tanto lo studente che muove i primi passi nel mondo dello spettacolo, quanto il musicista esperto che si confronta con gli scenari odierni del mondo della musica, tra nuove piattaforme digitali e opportunità promozionali spesso difficili da identificare con chiarezza. Music Business – La Grande Guida racconta con tono informale ma preciso tutto quello che oggi l’aspirante professionista ha bisogno di sapere per vivere di musica e orientarsi nell’intricato universo del music business. Il testo è pensato per offrire, per la prima volta in italiano, tutti gli strumenti critici e strategici indispensabili a muoversi con successo nel moderno mondo dell’industria musicale. Dall’utilizzo consapevole dei social network alle nuove piattaforme di diffusione e streaming musicale, al lettore è offerto un prontuario completo di consigli e tecniche per promuoversi e sviluppare connessioni di valore nell’ecosistema del professionismo musicale. Music Business – La Grande Guida è pensata anche per gli studenti delle nuove classi di musica moderna e jazz dei conservatori, dei licei musicali e della miriade di scuole ed accademie private italiane, proponendosi come il testo di riferimento per comprendere le mutate condizioni tecnologiche dell’industria musicale all’indomani della rivoluzione digitale.
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