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Musica e Fotografia: un’accoppiata vincente

Nel nostro quotidiano ci sono cose ovvie, talmente ovvie che spesso le diamo per scontate e perdiamo d’occhio la loro importanza. Spesso si tratta di dettagli che vengono sottovalutati.

Musica e Fotografia

Qualche tempo mi chiesero di realizzare un manifesto per una rassegna musicale in un locale: quattro date con quattro band locali.

Chiesi al gestore se avesse del materiale fornito dalle band e lui mi girò alcune foto e delle grafiche, tutte di qualità pessima. Quindi contattai i gruppi chiedendo se avessero qualcosa di editabile e di buona qualità. Se avessero avuto quanto mi serviva per tirar fuori un buon manifesto dove mettere anche le loro faccine, oggi non sarei qui a scrivere questo post.

Il problema è questo: gli artisti musicali sottovalutano l’importanza di un buon servizio fotografico, fatto in studio da un professionista capace di cogliere lo spirito del gruppo o del singolo artista.

Investire in un buon servizio fotografico è economicamente meno impegnativo e più utile di un video musicale. Far circolare foto tramite email, social e comunicati stampa, ad esempio, è più semplice e, se avete lavorato bene con il vostro fotografo può essere più impattante di un costoso video.

Con poche centinaia di euro un bravo professionista può cogliere lo spirito dell’artista e racchiuderlo in una o più immagini capaci di restare impresse nella mente di chi le vede. Se il fotografo è particolarmente bravo, l’immagine può diventare un’icona.

Scegliere il fotografo giusto è importante. Non basta che sia un ritrattista, sarebbe meglio se fosse uno specialista in foto di artisti musicali, questo perché anche nella fotografia esiste un grado di specializzazione: ci sono fotografi bravi nei matrimoni, altri bravi nel fotografe oggetti o arredi ed altri bravi nel cogliere lo spirito degli artisti.

Non sottovalutare mai le fotografie con le quali ti rappresenti, fanno parte della tua identità artistica.

Sai cos’è il Nècessaire del Musicista?

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Le persone sono semplici da comprendere: vogliono essere ascoltate, gratificate e apprezzate. Possiamo identificare il principio di qualsiasi attività di marketing in una semplice domanda: “Dimmi chi sei”. Un quesito che bisogna rivolgere prima a se stessi, per mettere a fuoco la propria identità, e poi al pubblico che si vuole ottenere. “Dimmi chi sei” è la domanda chiave che permette di entrare in contatto con la propria audience e che permetterà di sviluppare una narrazione che parli del proprio pubblico. In questo libro Riccardo Scandellari, esperto di marketing e personal branding, invita a rivolgersi verso un tipo di marketing più umano, etico e concreto. Una scelta che permette di distinguersi nettamente dalla folla di concorrenti e improvvisati che sul web fanno a gara a chi urla più forte, per parlare con il pubblico (ma soprattutto ascoltarlo) in modo più onesto, catturarne l’attenzione e conquistarlo con l’impegno, la condivisione e la relazione.
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Stage Zero: la Terminator dei musicisti?

La notizia più impattante di questi giorni è l’accordo tra il producer Timbaland e Suno per la creazione di Stage Zero, un etichetta discografica formata esclusivamente da artisti generati con Intelligenza Artificiale.

Stage Zero di Timbaland è una minaccia per i musicisti?

Appresa la notizia non ho potuto fare a meno di pensare alla saga di Terminator dove l’umanità viene sostituita da macchine intelligenti governate dal potere globale dell’AI Skinet: ma è davvero questo che rischiano i musicisti?

Nel suo blog, Marco Stanzani fa notare che

…per le major discografiche, STAGE ZERO sia un sogno che si avvera: nessun problema di gestione dei diritti, nessuna pausa creativa, nessuna “fase oscura” da cui far risorgere la carriera di un cantante. Gli artisti AI possono essere programmati per rilasciare album con la precisione di un orologio svizzero, adattarsi alle mode senza sforzo e, soprattutto, non chiedere anticipi royalties milionari. Che è la cosa che per loro conta di più.

Come dargli torto? Direi che è una visione lucida e oggettiva di un futuro prossimo che vedrà le piattaforme di streaming e i social media invasi da artisti virtuali magari in grado di interagire e dialogare con i propri fan tramite l’uso di AI. Veramente una pacchia per l’industria discografica.

Questo cosa significa per l’artista musicale in carne e ossa? Come può competere con la precisione e la perfezione di un AI addestrata a intercettare i gusti del pubblico?

Una soluzione la possiamo trovare sempre nella letteratura di fantascienza, più precisamente nei temi che Philip Kindred Dick ha affrontato nei suoi romanzi, scritti nei tempi in cui le macchine pensanti erano mostruosi scatoloni di relé e transistor.

Nel suo romanzo “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?” Philip K. Dick esplora il concetto di empatia come elemento chiave dell’umanità. Gli androidi intelligenti, nel romanzo, mancano di vera empatia, mentre gli esseri umani, anche quelli più complessi o decadenti, la possiedono in misura variabile.

L’empatia, per Dick, non è solo un semplice sentimento di compassione, ma una capacità complessa che permette di comprendere e condividere le emozioni degli altri, arrivando a percepire il mondo attraverso la loro prospettiva. Questa capacità di “mettersi nei panni degli altri” è ciò che definisce, nel mondo di Dick, la differenza tra umano e non umano, tra ciò che è autentico e ciò che è una simulazione.

In sintesi, l’empatia in Philip K. Dick non è solo una caratteristica psicologica, ma un elemento (ontologico) che definisce l’essenza stessa dell’essere umano e la sua connessione con la realtà.

Sono troppo filosofico?
Te la butto giù semplice: crea connessioni reali con i tuoi fan, con il tuo pubblico. Non guardarli come massa, guardali come unità e interagisci con loro  con umanità e sincerità.

Creare connessioni sincere online e offline, magari raccogliendole attorno a una community, la tua community è la strada che ti permetterà che ti permetterà di vivere nell’era postumana della musica.

Vuoi che approfondire questo tema? Pensi che possa esserti utile per sviluppare la tua carriera di musicista? Facciamo quattro chiacchiere senza impegno.

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Produrre musica: il metodo 50/30/20

Hai appena scritto la canzone perfetta, sei veramente soddisfatto. Hai la melodia che ti frulla in testa da mesi, il testo che ti emoziona, la visione artistica pronta a conquistare il mondo. Arriva il momento di registrare. Ed è qui che spesso la maggior parte degli artisti commette l’errore più costoso: investire tutto (o quasi) in uno studio hi-tech, illudendosi che la tecnologia farà la differenza.

Produrre musica: il metodo 50/30/20

Il risultato è scontato: Un brano costoso, confezionato alla perfezione, magari ben suonato, ma invisibile e senza pubblico. Se non realizzi che la registrazione è solo una delle fasi, e non la più importante nella realizzazione di un prodotto discografico, sei destinato a raccogliere fallimenti a catena nonostante il tuo impegno e le tua capacità artistiche.

A venirci in aiuto su come allocare le risorse di una produzione discografica esiste il cosiddetto paradosso del 50/30/20, che deve il nome ad una famosa. regola finanziaria in ambito di risparmio personale. In ambito musicale, il 50/30/20 è la mappa per non buttare soldi e tempo, e per far arrivare la tua musica dove serve davvero. Non è una regola aurea, ma è un buon punto di riferimento per orientarti nella gestione delle risorse.

1. Il mito dello studio hi-tech

La tentazione è forte: entrare in uno studio di registrazione professionale, con microfoni da migliaia di euro, console vintage, acustica perfetta ed il top dei professionisti a disposizione. È il sogno di ogni musicista. Ma il rischio è concreto: finire per spendere gran parte del budget in ore di studio, senza avere poi risorse per il resto del percorso. Il suono sarà bellissimo, sì, ma se nessuno lo ascolta, sarà solo un costoso esercizio di stile.

Lo studio di registrazione è un mezzo, non un fine. La qualità tecnica è importante, ma non deve essere l’unico obiettivo. L’errore più comune è pensare che basti registrare bene una canzone perché questa abbia successo. In realtà, la registrazione è solo una delle tante fasi, e spesso non è quella che fa la differenza tra un brano che esplode e uno che sparisce nel nulla.

2. Il paradosso del 50/30/20

Come già detto, la regola del 50/30/20, applicata alla produzione musicale, è un metodo che può aiutarti a gestire consapevolmente le risorse disponibile per la registrazione e la promozione del tuo lavoro.

  • 50% delle risorse alla pre-produzione (soundcheck emotivo, analisi demo, scelta dei suoni, arrangiamento, test su pubblico target)
  • 30% al marketing pre-lancio (engagement sui social, teaser, challenge, coinvolgimento della community)

  • Solo 20% alla registrazione effettiva (ore in studio, tecnici, strumenti, attrezzature)

Questa suddivisione non è casuale ma non va nemmeno presa alla lettera. È comunque il risultato di anni di esperienza e di analisi dei flop e dei successi del mercato musicale. Chi inverte questi rapporti, cioè chi spende il 70-80% del budget in studio e il resto alla carlona nelle altre fasi, finisce per avere un brano tecnologicamente perfetto ma commercialmente invisibile.

2.1. Pre-produzione: il 50% che fa la differenza

La pre-produzione è la fase più sottovalutata e, invece, la più determinante. Qui si decide tutto:

  • Soundcheck emotivo: non basta scegliere i suoni, bisogna capire se trasmettono le emozioni giuste. Un basso distorto può evocare rabbia, un synth vintage nostalgia. Ogni scelta timbrica deve essere funzionale al messaggio del brano.

  • Analisi demo: registrare demo e farle ascoltare a pubblici diversi (superfan, casual listener, critici). I loro feedback ti dicono se la canzone funziona o se va riscritta, accorciata, modificata.

  • Arrangiamento: creare più versioni dello stesso brano: una per la radio, una per lo streaming, una per i live. Ogni piattaforma ha le sue regole e i suoi tempi.

  • Test su dispositivi: ascoltare i demo su smartphone, auricolari, auto, altoparlanti economici. Se non suona bene ovunque, non funzionerà nel mondo reale.

Questa fase richiede tempo, creatività e metodo. Non è solo tecnica: è psicologia, marketing, ascolto attivo. Se salti o sottovaluti la pre-produzione, il resto del processo sarà una lotta contro i mulini a vento.

2.2. Marketing pre-lancio: il 30% che costruisce il pubblico

Il marketing non inizia dopo la registrazione: inizia prima, molto prima. Il 30% delle risorse va investito in attività che costruiscono aspettativa, coinvolgono la community, creano hype.

  • Fake leak: far uscire “per sbaglio” snippet distorti del brano, per alimentare il gossip e la curiosità. È una strategia usata da Beyoncé, Billie Eilish e molti altri. Funziona se hai già anche se hai un piccolo pubblico di fedelissimi.

  • Engagement: creare contenuti esclusivi, teaser, challenge vocali, contest e gadget per i fan più stretti o per legare a te quelli nuovi che dimostrano entusiasmo.

  • Teaser e contenuti social: video dietro le quinte, storie Instagram, dirette TikTok, podcast di backstage. Tutto serve a far sentire il pubblico parte del processo creativo.

  • Coinvolgimento dei creator: collaborare con creator di medio peso (500k-1M follower) per challenge, remix, cover. Sono loro che possono far esplodere un brano su TikTok, Reels, YouTube Shorts.

Se trascuri il marketing mentre stai dando corpo al brano, poi sarà troppo tardi. Il pubblico va costruito giorno per giorno, prima, durante e dopo la registrazione. Questa fase deve fare parte integrante del processo artistico di una produzione musicale.

2.3. Registrazione: solo il 20% del budget

Finalmente, si entra in studio. Ma con una consapevolezza diversa: la registrazione non è il centro del progetto, è una delle tante fasi.

  • Tecnologia al servizio della creatività: usare plugin, IA, automazioni per ottimizzare tempi e costi. Non serve avere la console più costosa del mondo: ti serve sapere come usare quello che hai.

  • Performance: registrare più take, scegliere il migliore, non accontentarsi del va bene così.

  • Collaborazione con i tecnici: lavorare in team è fondamentale, anche per una crescita professionale. Ascolta i consigli, impara metodi e trucchi, ma mantieni il controllo artistico.

  • Ascolto critico: ascolta le tracce su diversi dispositivi, anche durante la registrazione. Se qualcosa non funziona, torna sui tuoi passi e corregilo.

La registrazione è importante, ma non è tutto. Se hai fatto bene la pre-produzione, il marketing pre-lancio e post-lancio, la fase in studio sarà più veloce, efficace, economica. E il risultato sarà un brano che non solo suona bene, ma che ha già un pubblico pronto ad ascoltarlo.

3. Gli errori da evitare
  • Invertire i rapporti: spendere il 70-80% in studio e il resto “alla carlona” nelle altre fasi.

  • Sottovalutare la pre-produzione: pensare che basti scrivere una canzone e registrarla. Un brano va pensato e progettato con cura, dalla struttura all’arrangiamento.

  • Ignorare il marketing pre-lancio: aspettare che il brano sia pronto per pensare al pubblico.

  • Fidarsi solo della tecnologia: pensare che basti uno studio hi-tech per fare la differenza.

  • Non testare i demo: non ascoltare il parere di pubblici diversi, non fare test su dispositivi diversi.

4. La domanda che brucia

Quanti soldi e quanto tempo hai sprecato invertendo questi rapporti? Quante volte hai registrato un brano perfetto, ma senza pubblico? La prossima volta, prova a seguire la regola del 50/30/20 e valuta la differenza.

5. GIOCO DI SQUADRA

Ti sembra che applicare questo metodo sia complesso? Richiede troppa energia e impegno? Se fai tutto da solo, senza consulenti o collaboratori in effetti il tutto diventa molto impegnativo. Ma è proprio il gioco di squadra a fare la differenza, il saper sfruttare le esperienze e le conoscenze di altri per ottenere il maggior risultato possibile.

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di Filippo Canale
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